Metafisica dei tubi
La trama
La penna sfrenata di Amélie Nothomb disegna la mappa dei primissimi anni di vita trascorsi in Giappone: ne viene fuori una non-biografia. Indizi e ricordi delle prime scoperte si accavallano in un turbinio di metafore e paradossi irriverenti. Le proprietà terapeutiche del cioccolato, la parola (pensiero fatto carne), la quadratura degli opposti, la sinergia con il luogo di nascita... fino al filtraggio della realtà come unica via di scampo. Una faccenda, quella dell’esperienza delle cose, del primo impatto col mondo, che lascia sempre una ferita: nulla passa senza traccia, neanche il nulla.
– Spiazzante –
Metafisica dei tubi di Amélie Nothomb (Voland edizioni) è un’autobiografia eccentrica e pittoresca. Ma è anche una favola spensierata e al tempo stesso il racconto di un dolore e una storia religiosa… Metafisica dei tubi è inclassificabile e devo ammettere che per buona parte del libro mi sono chiesta dove volesse andare a parare la nostra amica Amélie.
L’inizio mi ha conquistato, lo svolgimento mi ha messo a dura prova ma il finale mi ha convinta. Procediamo per gradi… questa autobiografia riguarda i primi anni di vita di Dio, o meglio, di Amélie Nothomb. Che differenza può esserci?
Un tubo senza reazioni, un vegetale destinato a cambiare la storia… almeno quella della sua famiglia.
Il tubo accettò il digiuno forzato come accettava tutto il resto, senza disapprovare né acconsentire. Mangiare o non mangiare, bere o non bere: tutto questo gli era indifferente. Essere o non essere era un dilemma che non lo riguardava.
Ci si mette un po’ a capire che il tubo è una bambina a cui tutto scivola addosso almeno fino a quando non arriva la nonna, sarà lei a darle uno strumento per rompere il velo di indifferenza.
Come ci si orienta in Metafisica dei tubi? Non lo si fa. I giorni passano e il tubo diventa una vera e propria bambina prodigio: amante delle sacre scritture, all’età di due anni sa già parlare, formulare pensieri e persino leggere. Ironia e leggerezza sono le parole chiave di questo testo che però conduce anche negli angoli più oscuri della mente.
Questa bambina all’età di due anni sa leggere e parlare perfettamente. Pondera con attenzione ogni parola che potrebbe usare e tiene per sé ragionamenti complicati sul piacere, sul destino e sulle sacre scritture. Una trama che stupisce e confonde… come solo Amélie sa fare. Una neonata che parla di filosofia? In Metafisica dei tubi è possibile:
Bisogna essere aristotelici ventiquattr’ore su ventiquattro, il che è particolarmente estenuante quando non si è mai sentito parlare dei Greci.
Ma in questo romanzo c’è anche l’orgoglio delle origini: la vita al villaggio di Shukugawa, la tradizione delle carpe e il dolore del distacco che portano a un finale inatteso e forse per questo perfetto.
La verità è che Nothomb riesce a piacermi, anche quando non mi piace.
Vivere vuol dire rifiutare. Chi accetta ogni cosa non è più vivo dell’orifizio di un lavandino.
Metafisica dei tubi è …
Spiazzante. I primi tre anni di vita di una persona raccontati con fascino e profondità. Se potessimo ricordarci i primi istanti di vita, come saremmo oggi?
L’attrazione per la morte, il ruolo del cibo, il valore del linguaggio. Come ha fatto a mettere tutto questo in un libro così piccolo? Questo è il suo segreto.
Non era il libro che mi aspettavo e ammetto di aver fatto fatica ma la sua originalità spiazzante è la marcia in più di Amélie e quindi promuovo anche questa autobiografia. Sto continuando a leggerla in ordine cronologico, il prossimo sarà Cosmetica del nemico.
Consigliato per chi è in cerca di una storia potente, originale e spiazzante. Nothomb è sempre una buona idea.
1 COMMENTO
Silvia De Santis
6 mesi faLibro meraviglioso toccante seppure scorrevole