Dizionario dei nomi propri
La trama
Se il nome di una persona ne influenza il destino, allora quello della piccola Plectrude non potrà che essere straordinario. Nata in prigione da un'uxoricida, allevata dopo il suicidio della madre da una zia che la preferisce alle sue stesse figlie, sembra destinata a un futuro prodigioso. Misteriosa ed enigmatica come una dea, bella come una principessa delle fiabe, sicura come una creatura di intelligenza superiore, inizia la sua vita a passo di danza, inconsapevolmente avvolta dall'ombra del suo passato tragico e violento. Armata di una volontà di ferro, diventa una promettente ballerina. Poi, la caduta. Un rovinoso incidente le impedisce per sempre di danzare. Ma la vita ha in serbo altre sorprese per lei.
– Intrigante –
In questi giorni lunghi, pieni di cose da fare, ricchi di pensieri non proprio positivi… sono tornata tra le pagine di un’autrice amata. Dizionario dei nomi propri di Amélie Nothomb (Voland edizioni) è una sorta di favola ironica, con quel pizzico di oscurità che non guasta mai.
La protagonista di questo romanzo si chiama Plectrude, un nome e un destino segnato. Plectrude fin dalla nascita, ma in realtà ancora prima, sembra destinata a condurre un’esistenza straordinaria. Non è una bambina come le altre, persino l’iter che la porterà alle prime parole è diverso da quello degli altri bambini. Ma oltre al nome che porta, la nostra protagonista è stata segnata – senza saperlo – da un altro evento. La madre uccise il padre senza pietà né rimorso e poi si è tolta la vita dopo la nascita della bambina. Gesti inspiegabili che porteranno Plectrude a vivere con gli zii.
Sei pregna di quell’omicidio. Non parliamo neanche dei tentativi metaforici di assassinio che hai dovuto subire e che poi ti sei imposta da sola. Com’è possibile che tu non divenga un’assassina?
Plectrude non ci aveva mai pensato, ma da quel giorno non riuscì a pensare ad altro. E dato che c’è una forma di giustizia, appagò il suo desiderio di omicidio su colei che glielo aveva suggerito.
La zia venera questa bambina speciale, nessuna ha tanta grazia come lei. La passione e il talento per la danza però non vanno di pari passo con la carriera scolastica. Anzi, la bambina prende pessimi voti, non è interessata, non ha amici…
Nothomb scrive una tragedia in chiave moderna e andando avanti con la lettura tutte le incongruenze si dipanano lasciando spazio a una storia che, a modo di Nohomb, non fa una piega. La vita e le reazioni di Plectrude sono assurde eppure perfettamente credibili. La zia che salva la nipote si trasforma presto in qualcosa d’altro: un’aguzzina. Non sono forse così molti rapporti familiari?
In Dizionario dei nomi propri ci sono tanti temi: l’amore, l’anoressia, le incomprensioni, la pulsione verso l’autodistruzione che si trova in molti romanzi di Amélie. E ancora l’amore per i libri:
Indubbiamente ciascun essere ha, nell’universo dei libri, un’opera che lo trasforma in lettore, posto che il destino favorisca il loro incontro. Quello che Platone disse della metà amorosa – l’altro che circola chissà dove e che conviene trovare, salvo restare incompleti fino al giorno del trapasso – è ancora più vero per i libri.
Abbiamo un destino davvero segnato oppure possiamo cambiarlo? Questa è solo una delle tante domande che si affacciano leggendo Dizionario dei nomi propri. Il finale è assolutamente inaspettato, forse non è così potente come ci si aspetterebbe e credo che questa sia una scelta. Nothomb non scrive mai qualcosa di prevedibile, proprio per questo la amo.
Dizionario dei nomi propri è…
Intrigante. Nothomb scrive una favola, dal sapore di tragedia, in cui si mescolano tutti i grandi temi della vita. Non vi ho raccontato molto della trama perché a me piace leggere così i libri di Amélie: non sapendo nulla. Me li godo di più. Posso dirvi però che anche in questa favola graffiante, e a volte ingiusta, compare l’amore:
Plectrude non conosceva la straordinaria violenza che aveva salutato il suo arrivo tra i vivi.
Eppure doveva esserci una regione, nelle sue tenebre interiori, che si era impregnata di quell’atmosfera di omicidio e di sangue, perché quello che provava guardando la cicatrice del ragazzo era profondo come un male ancestrale.
In questo romanzo l’autrice ci mette di fronte anche a una verità scomoda, quello che amiamo a volte è quello che rischia di ucciderci:
Fu uno shock nella vita della bimba: non aveva mai conosciuto una meraviglia simile a quella che provò scoprendo quelle principesse troppo magnifiche per toccare terra, le quali, rinchiuse nelle loro torri, parlavano a uccelli azzurri che in realtà erano principi, oppure si travestivano da straccione per riapparire ancor più sublimi, quattro pagine dopo.
Seppe all’istante, con una certezza accessibile soltanto alle bambine, che un giorno sarebbe diventata una di quelle creature che riempiono di nostalgia i rospi, incattiviscono le streghe e abbrutiscono i principi.
Consigliato per chi è in cerca di una storia originale, oscura e al tempo stesso ironica e malinconica. Lo dico sempre, lo dirò anche stavolta: Nothomb non delude mai.
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