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RECENSIONE: Il Colibrì (Sandro Veronesi)

Il Colibrì - Sandro Veronesi - La nave di Teseo
RECENSIONE: Il Colibrì (Sandro Veronesi)

Il colibrì

Valutazione:
three-stars
Autore:
Pubblicato da:
Data uscita:
24/10/2019

Pagine:
368
Genere:
ISBN:
9788834600801
Acquista:

La trama

Marco Carrera, il protagonista del nuovo romanzo di Sandro Veronesi, è il colibrì. La sua è una vita di continue sospensioni ma anche di coincidenze fatali, di perdite atroci e amori assoluti. Non precipita mai fino in fondo: il suo è un movimento incessante per rimanere fermo, saldo, e quando questo non è possibile, per trovare il punto d’arresto della caduta – perché sopravvivere non significhi vivere di meno. Intorno a lui, Veronesi costruisce altri personaggi indimenticabili, che abitano un’architettura romanzesca perfetta. Un mondo intero, in un tempo liquido che si estende dai primi anni settanta fino a un cupo futuro prossimo, quando all’improvviso splenderà il frutto della resilienza di Marco Carrera: è una bambina, si chiama Miraijin, e sarà l’uomo nuovo. Un romanzo potentissimo, che incanta e commuove, sulla forza struggente della vita.

 – Resistenza –

Il Colibrì - Sandro Veronesi - La nave di TeseoIl Colibrì di Sandro Veronesi (La nave di Teseo) è la storia di Marco Carrera, una storia come tante, ordinaria all’esterno, straordinaria vista dall’interno. La prima parte del romanzo è volata via veloce come il vento… durante la seconda metà ho fatto tantissima fatica. Il libro non finiva mai, forse non ho trovato la giusta empatia con il protagonista, forse non era il libro per me, forse non era il momento giusto.

Marco è un uomo sposato, con una figlia, ha perso i genitori e non sopporta la psicoanalisi ma tutte le donne della sua vita sono state o sono in cura da un terapeuta. Questo è quello che capiamo dopo poche pagine. Il Colibrì si apre con uno psicologo che chiama Marco e chiede un incontro, un incontro che cambierà tutta la vita del nostro protagonista.

Mi dispiace dirglielo ma il suo matrimonio è finito da un pezzo, dottor Carrera. E di figlio ce ne sarà un altro, tra poco, ma non sarà suo.

Il Colibrì è un libro originale per quanto riguarda l’impianto, nessun capitolo è uguale all’altro. Ci sono mail, messaggini, elenchi, racconti e ricordi. Non sappiamo mai dove saremo una volta terminato un capitolo. Marco ha un grande amore che si chiama Luisa, un amore mai consumato, un’ossessione che lo accompagna per tutta la vita: tanti gli addii tra di loro, tanti gli incontri e quella promessa: non andranno mai oltre.

Marco è un eroe dei nostri giorni, sopporta strenuamente i tiri mancini della vita e lo fa perché proprio come ognuno di noi, non ha una scelta. La separazione, i problemi della figlia Adele, la malattia dei genitori. Sono tanti i passaggi che potrebbero strapparci una lacrima perché raccontano episodi vissuti in prima persona eppure – forse chi lo sa anche per una forma di difesa – io sono rimasta lontana dall’emozione e non l’ho percepita.

Il Colibrì - Sandro Veronesi - La nave di TeseoMarco ha due fratelli, Giacomo con cui non parla da anni, e Irene, morta suicida negli anni ottanta. Le mail che vengono mandate a Giacomo dopo la morte dei genitori con gli elenchi degli oggetti contenuti nella casa e soprattutto gli elenchi degli Urania posseduti dal padre sono qualcosa di così reale che… lì sì, sono riuscita ad emozionarmi.

Dal disastroso matrimonio, ma che all’apparenza sembra quello delle favole, con la hostess Marina, nascerà Adele. Il suo filo immaginario attaccato alla schiena creerà delle crepe irreparabili in quella famiglia che si sgretolerà sotto gli occhi di Marco.

Marco è il colibrì che riesce a resistere a qualunque urto, tiro mancino, crudeltà che la vita gli ha imposto. Perché c’è sempre un motivo per non lasciarsi andare, per non mollare.

In questo libro c’è tanta morte, tantissima: quella dei genitori di Marco malati di cancro, quella di Irene ancora ragazzina che sceglie di togliersi la vita, quella di un matrimonio che finisce, quella di un aborto per una storia mai nata con Luisa. Ma c’è anche tanta vita: tutta custodita nell’uomo del futuro, il bambino che Adele porta in grembo. Marco potrebbe chiudere gli occhi e smettere di respirare ma non lo fa, trova sempre la forza di fare un altro passo, o meglio, di restare fermo nonostante il terremoto intorno:

(…) tu sei un colibrì perché come il colibrì metti tutta la tua energia nel restare fermo. Settanta battiti d’ali al secondo per rimanere dove già sei. Sei formidabile, in questo. Riesci a fermarti nel mondo e nel tempo, riesci fermare il mondo e il tempo intorno a te, certe volte riesci addirittura anche a risalirlo, il tempo, e a ritrovare quello perduto, così come il colibrì è capace di volare all’indietro.

 


Il Colibrì è…

Un inno alla resistenza. Marco è un uomo mediocre ma che ha dovuto sopportare prove difficili, dolori che chiameremmo insormontabili senza lasciarsi travolgere. Purtroppo è come se avessi letto la storia con la testa e non con il cuore. Mi sono emozionata poco e il finale abbassa decisamente il voto. Mi piace molto l’idea di giocare con stili e momenti diversi. Questo rende il romanzo molto dinamico all’inizio: si passa da momenti quasi divertenti a verità sconvolgenti, dolori e soddisfazioni. Come in un puzzle mettiamo insieme ricordi e racconti, fino a ricostruire la vita di Carrera. Il Colibrì ha anche il merito di porre l’attenzione sul tema dell’eutanasia, quando e come lasciare andare chi soffre? Ho divorato le prime pagine spinta dalla curiosità e dall’amore per l’elenco degli Urania (se leggerete capirete) ma poi, una volta abituati il meccanismo scomposto del romanzo, ho trovato il racconto troppo lento e sono rimasta abbastanza insoddisfatta.

Consigliato per chi ha voglia di una storia familiare narrata in maniera originale e abbastanza coinvolgente. Non fatevi trarre in inganno dalle prime pagine, sembra un libro divertente, in realtà è carico di dolore.

 

 

 

 

three-stars

Alcune note su Sandro Veronesi

Sandro Veronesi

Sandro Veronesi è nato a Firenze nel 1959. È laureato in architettura. Ha pubblicato: Per dove parte questo treno allegro (1988), Live (1996, nuova edizione La nave di Teseo 2016), Gli sfiorati (1990), Occhio per occhio. La pena di morte in quattro storie (1992), Venite venite B–52 (1995, nuova edizione La nave di Teseo 2016), La forza del passato (2000), Ring City (2001), Superalbo (2002), No Man’s Land (2003, nuova edizione La nave di Teseo 2016), Brucia Troia (2007, nuova edizione La nave di Teseo 2016), XY (2010), Baci scagliati altrove (2012), Viaggi e viaggetti (2013), Terre rare (2014), Non dirlo. Il Vangelo di Marco (2015) e Un dio ti guarda (La nave di Teseo, 2016). Pubblicato nel 2005 e vincitore nel 2006 del Premio Strega, Caos calmo (nuova edizione La nave di Teseo 2016) è stato tradotto in 20 paesi. Sandro Veronesi ha collaborato con numerosi quotidiani e quasi tutte le riviste letterarie. Attualmente collabora con il “Corriere della Sera”. Ha cinque figli e vive a Roma.

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32 COMMENTI

  • Marco Giunco

    Non lo so alla fine mi è sembrato una sorta di pornografia del dolore/sfiga/amori però tutti con il portafoglio benpieno, pe cui sostanzialmente protetti. A parte alcuni momenti piacevoli, tipo la storia degli Urania, alcuni momenti in cui ho ritrovato spunti del mio passato essendo il protagonista quasi mio coetaneo per cui avendo vissuti lo stesso periodo storico (ahahahha), mi è sembrato un po’ un tanto al chilo.

    P.S: me lo sono fatto leggere in machina da Audible narratore Fabrizio Gifuni. Secondo me letto magistralmente.

  • april

    Reduce dalla lettura di tutti i libri di Alice Munro, mi sento orfana e cerco nuove letture. Leggo ‘sto libro e mi chiedo: ma come si fa? a scrivere in modo così banale, così brutto? Certi pezzi che sembrano solo copia/incolla per riempire le pagine. Perché la Munro non ha 40 anni e tanto, tanto ancora da scrivere? Ma ho da parte i libri di Tabucchi, che rileggerò: ecco un altro che sapeva scrivere davvero.

  • Giuly

    È il romanzo più allucinante che mi sia mai capitato di leggere. Dovrebbe essere un elogio della “resilienza”, termine oggi usato ed abusato. In realtà appare solo come un improbabile inno al conformismo borghese, alla negazione dei sentimenti autentici, alla passività esistenziale. Il protagonista, che qualcuno ha definito “eroe” , è invece il simbolo di un fallimento, della totale incapacità di adattarsi ai cambiamenti, che potrebbero condurre la vicenda ad un finale catartico e psicologicamente soddisfacente. Se l’intento (recondito) dell’autore era quello di condannare l’mmobilismo della classe borghese, devo dire che l’ha raggiunto egregiamente, meglio di qualsiasi trattato filosofico. Ci troveremmo in tal caso di fronte ad un’ambivalenza agghiacciante, che sarebbe però l’unica prerogativa giustificativa di un racconto di tal genere, e che richiama tuttavia per contrasto la coerenza e il fine e realistico psicologismo dei grandi romanzi ottocenteschi.

  • Pina Sozio

    Nel leggere questo libro ho misurato i miei limiti
    ,forse mi sono detta sono io distratta che non riesco ad entrare nella trama.E dai a ricominciare daccapo per ricucire i fili del racconto anche perché il libro mi era stato donato da mia figlia Anna.Sono arrivata quasi alla fine ,al mattino ne leggo un po’ quasi come ingoiare una medicina,ma poi…non so perché rivedo “L’amore al tempo del colera” di Gabriel Marquez e sogno. Pina Sozio poetessa scrittrice

  • SARA

    ho letto ora il libro .,MI è PIACIUTO MOLTISSIMO , DI GRANDE IMPATTO EMOTIVO , BELLO

  • Salvatore

    Raramente abbandono la lettura di un libro. Stavolta ho fatto un’eccezione. Libro illeggibile, pretenzioso, privo di una decente struttura narrativa. Libro scritto forse per sé stesso, inutile per i lettori.

  • Raffaella

    Anche io ho letto il libro colibrì , trovato un po’ insignificante.Man mano che leggevo mi aspettavo di entrare nella vera trama del romanzo.Non vedevo l’ora di andare avanti,talvolta la lunga ed estenuante lettura senza punteggiatura, mi portava ad abbandonare.La seconda parte mi ha interessato di più perché ho capito l’essenza della vita, del dolore ,della sofferenza.Il premio Strega me lo aspettavo con maggiori esiti di significati.

  • DANTE SIDDU

    ho letto il libro, mi ha appassionato tantissimo , e in certi tratti ho rivissuto il mio passato ……purtroppo, nel finale , nelle ultime 100 pagine il protagonista si e’ trasformato , e’ diventato un altra persona e quindi critico questo cambiamento repentino.
    Il rapporto epistolare con la sua amica del cuore del periodo adolescenziale con la quale aveva un rapporto bellissimo e aperto di vera amicizia che nelle ultime due lettere si incrina . la sua amica lo prende in giro quando lo paragona a un colibrì , uccello che fa tanta fatica sbattendo le ali per restare fermo . lo accusa di non andare avanti intellettualmente e di non essere in grado di rifarsi una propria vita , per poi in un certo senso perdonarla in punto di morte. Il modo che ha scelto di morire con la complicità della nipote non e’ stata una buona idea. poteva scegliere di morire in tanti altri modi, un altruista che trascina e responsabilizza in una sua scelta di vita cosi’ estrema l’unica persona cara che gli era rimasta , non e’ corretta e neppure umana. E poi il suo senso di colpa della morte della sorella che ha trasferito al fratello e rompendo ogni possibilita’ di dialogo per tanti anni. Ho avuto la possibilita’ di parlare col lo scrittore durante la presentazione del libro a Perdasdefogu . Lui non era d’accordo sulle mie critiche e quindi …. lo scrittore e’ sempre lo scrittore che decide e ha le sue ragioni e quindi il massimo rispetto per lui. Al prossimo libro !!!

    • Antonia

      Lo scrittore è sempre lo scrittore, ma se scrive per sé…???

  • Giovanna

    Concordo con la recensione di Alessandra in pieno. Anche io come lei l’ho letto con la testa e non con il cuore. Per questo non mi è “arrivato!” Mi sono riproposta di rileggerlo quando nella mia esistenza troverò una maggiore serenità e un “cuore” più libero!

  • vincenza

    Un melting pot di temi…forse se si fosse concentrato su uno solo mi sarebbe piaciuto di più…o forse l’ho letto come lettura estiva…meritava una lettura più attenta…

  • Patrizia

    Abbandonato presto: banale,retorico, didascalico,noioso .In una parola: insopportabile. E difficilmente,ma davvero difficilmente abbandono un libro.Il premio Strega? Perle ai porci! Gli scrittori,quelli veri,sono altrove .

    • mario trabucchi

      Senza entrare nel merito dell’affermazione sui “suini”… purtroppo anche gli spazi di battitura dopo i punti e le virgole di questo commento… sono altrove! Simpaticamente, Mario.

  • Alessandro Alfaioli

    Comunque a me è piaciuto. Appunto la ricerca di nuove strade consente di attrarre lettori che altrimenti sono persi. Bravo gobbo.

  • Alessandro Alfaioli

    Scrivere un libro nel 2019 non e facile. Devi percorrere nuovi solchi. Lui l’ ha fatto. La storia può piacere o no, è la struttura che deve essere per forza “innovativa”. Non a caso è architetto. Questo accade in tutte le arti, infatti la nipote nel libro cosa fa? Video. Questo è un libro studiato per vendere e vincere lo strega ne è un passaggio scontato. Un po come la sua squadra del cuore, fatta per vincere in europa e infatti vince solo in itali

  • Veronica

    Mi sono sempre fidata degli Strega, finora ho fatto persino bene. Ho abbandonato il libro a pagina 76, un insieme di banalità e frasi fatte come questo, mai viste! Io non abbandono mai un libro, ma questo era davvero orrendo! L’unica nota e’ che tali banalità devono consolare una grande percentuale di voi persone tristi, che necessitano di frasi da Baci Perugina che per sentirsi consolate. Ma come ha fatto a vincere uno Strega tale schifezza?! Come?!

  • Manola Frediani

    Dare un giudizio su un autore che ha vinto per ben due volte il premio Strega mi pare azzardato, e pretenzioso. Mi sono avvicinata con umiltà e man mano che mi addentravo nella storia, nella complessa architettura fatta di flash back mail narrazione sentivo che non arrivava il punto di svolta, quello che sempre esiste, che fa cadere le pregiudiiuali iniziali e ti conquista e ti porta a trascurare tutto il resto, uscire, guardare un film, fare una passegguata, pur di andare avanti nella narrazione. Oppure quello che non ti fa staccare dal libro e ti obbliga a riprenderlo in mano, ad assaporare i passaggi o i brani intrisi di poesia, semplici, il più delle volte, intensi, immediati, per poi addormentarti con un senso di appagamento gioioso, pieno, confortante. Il piacere della lettura che è sempre stato per me uno dei più forti .
    E invece non è arrivato, il momento. Sono giunta alla fine con un senso di delusione e insoddisfazione. Mi pare che ci sia troppo, in questo libro, anche se la metafora del colibri’ pare azzeccata la prosa è eccessiva, troppo virtuosistica, la figura dell’uomo nuovo costruita e ridondante, il finale disturbante.
    Sembra un libro non rifinito, non concluso, non rivisto.
    Sono solo impressioni. Penso che lo riprenderò in mano più avanti per vedere se dipende da me la cattiva valutazione del libro.

    • Giulia

      concordo con Manola: letteralmente. virtuosistico, ridondante, disturbante. Concordo anche con Vincenza: un melting pot scomposto di temi affastellati in superficie fino al “gran” finale con il futuro salvavita. Salvo il titolo. Ma l’editor dov’era?
      scrittore…editore pappa e ciccia

  • Serena

    Libro potente, commovente, di grande impatto emotivo. T’investe di sentimenti contrastanti e ti costringe a riflettere. Delle due l’una: chi non si emoziona o è insensibile o è invidioso del talento altrui.

    • Non sono d’accordo. Non mi sento invidiosa di uno scrittore, io non lo sono e non ho ambizioni in quel mondo. Non è rientrato nel mio gusto e non mi ha emozionato. A volte, appunto, è solo una questione di gusti.

      • Bob

        Sono perfettamente d’accordo con lei, Sono a metà ma il romanzo proprio non mi ha preso. Sarà che col tempo trovo i costrutti di fantasia sempre meno attraenti. Lo trovo un esercizio di bravura un po’ vuoto. E’ lo stesso motivo per cui non mi piace Borges.

        • Cristina

          Mi è piaciuto moltissimo…..umano coinvolgente a volte sorprendente. Io leggo moltissimo e mi dimentico a volte dei libri che leggo…. questo non lo dimenticherò Cristina

        • Inmaculada Hernandez Vozmediano

          Il romanzo è da vero cattivo, ma Borges???????? Seguro que no sabes quién es ni puedes entenderlo, siendo como eres italiano.

        • Giuly

          È il romanzo più allucinante che mi sia mai capitato di leggere. Dovrebbe essere un elogio della “resilienza”, termine oggi usato ed abusato. In realtà appare solo come un improbabile inno al conformismo borghese, alla negazione dei sentimenti autentici, alla passività esistenziale. Il protagonista, che qualcuno ha definito “eroe” , è invece il simbolo di un fallimento, della totale incapacità di adattarsi ai cambiamenti, che potrebbero condurre la vicenda ad un finale catartico e psicologicamente soddisfacente. Se l’intento (recondito) dell’autore era quello di condannare l’mmobilismo della classe borghese, devo dire che l’ha raggiunto egregiamente, meglio di qualsiasi trattato filosofico. Ci troveremmo in tal caso di fronte ad un’ambivalenza agghiacciante, che sarebbe però l’unica prerogativa giustificativa di un racconto di tal genere, e che richiama tuttavia per contrasto la coerenza e il fine e realistico psicologismo dei grandi romanzi ottocenteschi.

  • Orielle Del Re

    Un libro bello e istruttivo a tratti. Illustra la vita del protagonista con meticolosità di dettagli quasi sempre dolorosi. Poco pathos. Ciò nonostante lho letto tutto d’un fiato.

  • Carlo Avetta

    Condivido in tutto il commento della Salabelle che ritengo la migliore sintesi critica di questo libro molto costruito. Anche bello ed interessante difatti ritengo che sia un’ottima scelta leggerlo per gli spunti che avvincono nel corso delle lettura.
    Sono proprio quegli spunti in cui emerge la personalità e l’esperienza di vita vissuta dall’autore e non costruita nel presentare una serie di personaggi costruiti che sembrano emergere tutti dall’archivio di uno psicoanalista.
    In particolare l'”uomo nuovo”, una bambina così traumatizzata dal nonno dal dover ricorrere anche lei all’aiuto di uno psicanalista al contrario del suo “padre padrone” che si ammanta della scelta di non aver voluto mai farlo, appare una figura solo teorica. Sarà un caso, forse, ma l’autore ha avuto ben 5 figli maschi. Ben venga quindi la “donna nuova” di cui abbiamo assolutamente bisogno per vedere se attraverso loro, le donne, riusciremo a ritrovare quel senso della vita che sembra scadere ma molto ben approfondito nel colibrì.
    Un libro. che vale ma, penso, vada letto per riscoprire quegli aspetti che esulano dalla sua complicata struttura, difficile da seguire se non con l’aiuto dell’indice iniziale che consente di seguire il senso logico temporale agli eventi.
    Della conclusione non parlo perchè non mi sembra all’altezza dei valori espressi nel corso dell’esposizione. Mi sembra scritta pensando ad una spettacolarizzazione dell’eutanasia adatta ad un possibile film.

  • marco

    Condivido pienamente l’analisi (piccola eccezione : Marco Carrera è tutto fuorché mediocre, tutt’ al più discreto).
    Il romanzo è interamente contenuto nelle prime cento cinquanta pagine e si perde nei percosi di vita nelle sucessive (la struttura narrativa è assai efficace ma a mio avviso funziona meglio su tempi più brevi – vedere ad esempio Nella notte di Concita de Gregorio). Confesso poi di essere leggermente disturbato dalla tendenza di Veronesi di presentare personaggi estremamente equlibrati che con incredibile modestia sanno attraversare storie eccezionali (e la fine del libro è quantomeno stucchevole).

    • Ada

      sono riuscita a leggerlo con curiosità per il modo in cui viene presentato. Se potessi vorrei porre queste domande all’autore.
      Perchè sempre la psicanalisi? Il gioco che lo aiuta a uscire dal dolore e non si rovina ma vince? I figli che capiscono la mancanza d’amore dei genitori. Una famiglia che non intuisce il dramma della sorella che si suicida. Il matrimonio di
      Marco fallito ma la grande complicità e intesa con la figlia Adele che morirà ma lascerà a lui una figlia che sarà lo scopo
      della sua vita ma talmente super intelligente e perfetta in tutto. E poi tutto il discorso sui giovani che devono cambiare il
      mondo ma devono essere eccezionali. E infine la rappresentazione della sua morte accuratamente preparata.
      Tutto così lontano dalla vita vera che ognuno di noi affronta ogni giorno.

  • Denis

    Lo sto provando come audiolibro. Di Veronesi avevo apprezzato i B52 e Brucia Troia, ero ben disposto, ma devo dire che mi sta annoiando a morte. Il protagonista è così insulso che a lungo non mi è stato chiaro chi fosse, e la mescolanza di forme e tempi rende confusa la storia, richiedendo una attenzione che la noia non consente. Apoteosi di crudeltà verso l’ascoltatore – forse Veronesi non vuole che siano narrati ma solo letti – quella decina di minuti di elenco prezzato degli arredi della casa in vendita. Scoprendo poi che nel proseguimento di consolideranno i drammi sin qui solo sfiorati, non credo proprio andrò avanti. I criteri dello Strega ancora una volta mi risultano arcani.

    • mariarosa sapignoli

      A me il libro è piaciuto moltissimo,per il suo impianto originale, per la varietà di tematiche e per la vastità dell’impianto culturale che si evince nella struttura,ma del quale l’autore non sembra far sfoggio. Leggendo i primi capitoli sono rimasta disorientata ed un po’ perplessa,mi sembrava disorganico e ci trovavo dell’esibizionismo per ricercare un’originalità forzata. Tuttavia procedendo nella lettura sono rimasta coinvolta da una storia che nel suo farsi riesce a dare risposte a tanti di noi proiettando i nostri chi, dove quando ecc. su immagini e situazioni esemplarmente concrete ed interessanti

    • Paolo Galli

      Sono assolutamente d’accordo !!!!!! Uno dei libri più noiosi che abbia mai letto…..anzi, a dir la verità,, in questi ultimi tempi si legge veramente poco di valido: scarsità di idee, trame inconsistenti basate su ricordi propri e altrui, copia e incolla imperversante !!!! L’assillo degli editori sugli autori è palese !! E lasciamo perdere, poi, i premi letterali !!!!!

  • A me il Colibrì non è piaciuto tanto. L’ho trovato troppo costruito, l’espediente di mescolare tipi di testo diversi (lettere, mail, messaggi) non è nuovo e neanche tanto intrigante. Le lettere, per esempio, si quelle da e per Luisa, sia quelle al fratello, mi sono sembrate troppo letterarie, in nulla somiglianti a vere lettere. Gli elenchi in sé non mi dispiacciono. L’uomo del futuro, che poi è una bambina, per cui non capisco l’uso di un termine tanto maschile, non mi ha convinto per nulla e il finale è tale e quale un film di grande successo (Le invasioni barbariche). Cosa resta? Alcune pagine sul dolore e sulla morte, che mi hanno toccato. Ma non bastano a farne un grande libro.

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