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Proust controcorrente Albertine scomparsa

Proust controcorrente Albertine scomparsa

Siamo arrivate alla fine di Albertine Scomparsa, qualcuna di noi magari avrà anche già finito Il tempo ritrovato e io, come la prima volta, non voglio che questa avventura volga al termine. Il tempo però corre e le mie compagne di viaggio stanno per arrivare alla parola FINE. Trovo doveroso pubblicare prima che terminino la lettura de La Recherche le impressioni sul penultimo volume.

Proust controcorrente è arrivato agli sgoccioli ma non sono preoccupata, so che leggeremo ancora Proust e leggeremo libri collegati.

La premessa è dolorosa. Ho scritto questo articolo con grande fatica, è un periodo in cui leggo poco e con gran fatica. Problemi familiari e lavorativi mi hanno risucchiata. Come se non bastasse per errore ho cancellato l’articolo e ho dovuto riscriverlo da capo più di un mese dopo… con meno entusiasmo ovviamente. Ma nonostante tutti i nonostante… eccoci!

L’assenza/presenza in Albertine scomparsa 

Proust controcorrente Albertine scomparsa

Non abbiamo trattato Albertine scomparsa come meritava, forse perché ansiose di arrivare alla fine o per paura di arrivarci. In questo volume succedono moltissime cose, a partire dalla morte di Albertine.

In questo volume Albertine è ancora la protagonista assoluta. La vita con e senza di lei affolla le pagine. Il narratore non riesce a smettere di assecondare il suo bisogno indagatore. L’amore per Albertine rivive tramite le ossessioni. Sono struggenti le pagine in cui il protagonista si interroga su come far tornare l’amata. Una danza di ripensamenti che solo la morte sarà in grado di interrompere.

Albertine sarebbe tornata ma ormai non può più farlo. Esiste una sofferenza più atroce di questa? Il narratore è abilissimo a procurarsi dolore.  La gelosia ne è un esempio lampante. Gli anelli ritrovati nel cassetto e osservati per la prima volta con altri occhi provocano nel narratore una gelosia folle. Francoise si accorge che i due anelli sono stati regalati dalla stessa persona. Chi è? Perché Albertine gli ha mentito? Questo è solo l’inizio del viaggio che lo porterà a ritroso nella vita di Albertine tra amanti, episodi reali o romanzati… un tentativo di possederla nonostante la distanza prima e nonostante la morte poi.

L’indagine del narratore è costellata dal dolore: riemergono episodi dimenticati e rielaborati grazie a nuove consapevolezze e da nuovi racconti scabrosi, veri o presunti. Che differenza potrebbe fare ormai?   E ancora il primo sogno del narratore diventa realtà: pubblicare sul giornale… eppure la gioia non viene assaporata pienamente come se non fosse capace di godere pienamente di nulla senza il dolore che si affaccia.

Impossibile non parlare del ritorno di Gilberte e dell’ombra ingombrante di Swann, un Swann ricacciato nell’oblio ma, anche lui come Albertine, sempre presente.  L’equivoco del telegramma lascia il lettore di sasso: Albertine è viva ma ormai il nostro protagonista accoglie con indifferenza la notizia, non la ama più. Si scoprirà poi che è di Gilberte. Anche il suo ritorno porta nuove consapevolezze su vecchi accadimenti: lei non avrebbe mai voluto respingerlo. Ma questo dolore diventa dolce, la malinconia del tempo lo ha reso accettabile.  La parte finale è dedicata a Saint – Loup e ai tradimenti. La sua passione per gli uomini, fino ad allora insospettata, diventa un’occasione per riflettere sull’amore e sull’amicizia.

Il diario di Proust controcorrente Albertine scomparsa

Proust controcorrente Albertine scomparsa Quando abbiamo finito Albertine scomparsa eravamo in piena estate: tra fine luglio e inizio agosto. Sì perché nemmeno gli impegni estivi ci hanno fermato. Non abbiamo mai abbandonato Proust che anzi ci ha fatto compagnia in quelle giornate torride portandoci in un’altra dimensione. Abbiamo scritto meno ma senza dubbio questo è il volume che ha messo tutte d’accordo. Nessuna (o quasi) fatica, solo tanta voglia di stare in compagnia di questi personaggi… di questa vita.  E come dimostrano i commenti, eravamo già tutte proiettate verso quella maledetta parola: fine.
“Ragazze come mi sta piacendo questo volume!! Ma quanta tristezza : la fragilità dei sentimenti umani divorati dall’oblio, la nostra inutile illusione di poter resistere all’opera distruttrice del Tempo, la morte dell’amore!!!Qui il pessimismo radicale di Proust credo stia raggiungendo il massimo livello! Il Tempo pesa come un macigno e leggendo, ci sentiamo schiacciati anche noi lettori perché se ci pensiamo bene le sue riflessioni sono vere!”
“Il libro mi sta piacendo molto, forse il mio preferito sinora… Straziante il modo in cui affronta la morte di Albertine, sembra di poter toccare con mano quel dolore.”
Io personalmente quando sono arrivata ad Albertine scomparsa mi sono imposta un ritmo più lento. Sapevo che ci stavamo avvicinando alla conclusione e ho provato a procrastinare il più possibile.

Le citazioni di Proust controcorrente  

Riporto alcune delle frasi che abbiamo sottolineato. La prima parte è forse quella che ci ha coinvolto di più, Incalzante, crudele.

Mademoiselle Albertine se n’è andata!”Come so spinge più in là della psicologia, la sofferenza, in fatto di psicologia! Un attimo prima analizzandone, avevo creduto che questo separarsi senza rivedersi, fosse precisamente ciò che desideravo, e confrontando la mediocrità dei piaceri offertami da Albertine con la ricchezza dei desideri che mi impediva di realizzare. Avevo concluso, trovandomi sottile, che non volevo più vederla, che non l’amavo più.

I legami fra un essere e noi non esistono che nel nostro pensiero. L’affievolirsi della memoria li allenta, e a dispetto dell’illusione di cui vorremmo essere vittime e di cui, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere ,rendiamo vittime gli altri, È DA SOLI CHE ESISTIAMO . L’UOMO È L’ESSERE CHE NON PUÒ USCIRE DA SÉ ,CHE NON CONOSCE GLI ALTRI SE NON IN SÉ; E, SE DICE IL CONTRARIO , MENTE.

L’idea che si morirà è più crudele del morire, ma meno dell’idea che un altro sia morto, che, nuovamente piatta dopo aver inghiottito un essere, senza nemmeno un risucchio a segnalarne il luogo, torni a distendersi una realtà da cui quell’essere è escluso, in cui non esiste più nessun volere, nessuna conoscenza, e da cui risalire all’idea che quell’essere è vissuto è tanto difficile quanto dal ricordo ancora recentissimo della sua vita al pensiero che esso sia assimilabile alle immagini senza consistenza, ai ricordi lasciatici dai personaggi d’un romanzo che abbiamo letto.

I vecchi giorni coprono a poco poco quelli che li hanno preceduti e vengono a loro volta sepolti da quelli che li seguono. Ma ciascuno dei giorni passati è rimasto depositato in noi come in un’immensa biblioteca dove dei libri più antichi c’è un esemplare di cui nessuno, probabilmente, farà mai richiesta. E tuttavia basta che questo vecchio giorno, attraversando la translucidità delle epoche successive, risalga alla superficie e si distenda nel nostro essere, coprendolo per intero, perché per un istante i nomi riprendano il loro vecchio significato, gli esseri il loro vecchio volto e noi il nostro animo di allora, e sentiamo con una sofferenza vaga, ma fattasi sopportabile e destinata a non durare, i problemi da molto tempo divenuti irresolubili che allora ci angosciavano tanto. Il nostro io è fatto della sovrapposizione dei nostri stati successivi. Ma questa sovrapposizione non è immutabile come quella di una montagna. Incessanti sollevamenti fanno affiorare alla superficie strati più antichi.

Come c’è una geometria nello spazio, c’è una psicologia nel tempo, dove i calcoli di una psicologia piana non sarebbero più esatti perché non terrebbero conto del Tempo e di una delle forme che esso riveste, l’oblio; l’oblio di cui cominciavo a sentire la forza, e che come strumento di adattamento alla realtà è così potente perché distrugge a poco a poco dentro di noi la sopravvivenza del passato, che con la realtà è in costante contraddizione.

In realtà è la nostra previsione, la nostra speranza di avvenimenti felici, a colmarci d’una gioia che attribuiamo ad altre cause, e che cessa per lasciarci ripiombare nel dolore non appena smettiamo d’esser sicuri della realizzazione del nostro desiderio. E sempre una fede invisibile a sostenere l’edificio, il mondo del nostro sentire, che senza il suo sostegno vacilla. Abbiamo visto come essa costituisca per noi il valore o la nullità degli esseri, l’ebbrezza o la noia di vederli. Allo stesso modo, essa fonda la possibilità di sopportare un dolore che ci sembra mediocre semplicemente perché siamo convinti che gli verrà messa fine, oppure il suo ingrandirsi repentino sino a far sì che una presenza valga altrettanto, a volte persino di più della nostra vita
Non è perché gli altri sono morti che il nostro affetto per loro si affievolisce, ma perché moriamo noi stessi. Al suo amico Albertine non aveva niente da rimproverare. Chi ne usurpava il nome non ne era che l’erede. Si può essere fedeli solo a ciò che si ricorda e si ricorda solo ciò che si è conosciuto. Mentre cresceva all’ombra del vecchio, il mio nuovo io aveva sentito parlare spesso di Albertine; tramite suo, attraverso i racconti che quello gli faceva, era convinto di conoscerla, gli era simpatica, l’amava; ma non era che una tenerezza di seconda mano.
Suddivisa in tanti piccoli dei familiari, Albertine abitò a lungo nella fiamma della candela, nella maniglia della porta, nello schienale d’una sedia e in altri dominii più immateriali, come una notte d’insonnia o il turbamento provocatomi dalla prima visita di una donna che mi era piaciuta.

Era lei, adesso, ciò che Albertine era stata un tempo: il mio amore per Albertine non era stato che una forma passeggera della mia devozione alla giovinezza. Crediamo di amare una fanciulla e in lei non amiamo, ahimè! che l’aurora di cui il suo volto riflette momentaneamente il rossore.

Nei nostri rapporti con un altro essere, le maggiori cause d’errore sono che noi abbiamo buon cuore oppure che, quell’essere, lo amiamo. Si ama per un sorriso, per uno sguardo, per una spalla.
E quanto basta; nelle lunghe ore di speranza o di tristezza si fabbrica allora una persona, si compone un carattere. E quando, più tardi, si frequenta la persona amata, non si può, a qualsiasi crudele realtà si sia messi di fronte, togliere quel carattere buono, quella natura di donna che ci ama, all’essere cui appartengono quel certo sguardo, quella certa spalla, più di quanto possiamo toglierla, quando invecchia, a una persona che conosciamo fin dalla sua giovinezza.
Si dice a volte che qualcosa d’un essere può sussistere dopo la sua morte se questo essere era un artista e ha messo qualcosa di sé nella sua opera. Allo stesso modo, forse, una sorta di talea prelevata su un essere e innestata nel cuore di un altro vi prosegue la propria vita anche quando l’essere da cui essa proviene sia perito.

I testi di supporto

Proust controcorrente dalla parte di swann

Questa parte la ripeterò ogni volta perché magari qualcuno potrebbe imbattersi in questo articolo e non nei precedenti.

 

Proust controcorrente

Vi lascio gli articoli sulle parti precedenti che tra stanchezza e imprecisioni non saranno pezzi da critica letteraria ma sono il diario del nostro viaggio e per questo meritano di essere conservati.

  1.  Dalla parte di Swann (LEGGI QUI l’articolo)
  2. All’ombra delle fanciulle in fiore  (LEGGI QUI l’articolo)
  3. I Guermantes (LEGGI QUI l’articolo)
  4. Sodoma e Gomorra (LEGGI QUI l’articolo)
  5. La prigioniera (LEGGI QUI l’articolo)

 

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