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Sconti Einaudi tascabili, i miei consigli

Sconti einaudi i miei consigli

Dal 18 febbraio al 20 marzo tutti gli Einaudi Tascabili costano il 20% in meno (ad esclusione dei titoli pubblicati dalla casa editrice nell’ultimo semestre in conformità all’art. 8 della legge 13 febbraio 2020 n. 15) ecco quindi una breve lista di consigli.

Conoscete la mia passione per gli Einaudi vintage, fortunatamente grazie a questa promozione si possono recuperare grandi nomi della letteratura a un prezzo piccolissimo.

Vi do degli spunti, sia nella foto che qui nell’elenco, ma sono sicura che qualcuno di fondamentale mi sarà sfuggito comunque! Se anche li vedete nella mia versione supercoralli non abbiate paura, è uscito il tascabile e quindi troverete lo sconto. Non prendete in considerazione Almarina e La città dei vivi perché non esiste la versione tascabile.

 

Menzogna e sortilegio di Elsa Morante

Menzogna e sortilegio - Elsa Morante - Einaudi

Scritto subito dopo la seconda guerra mondiale, la Morante con questo romanzo ha iniziato il suo lungo percorso letterario. “O impareggiabile prosapia! Mia madre fu una Santa, mio padre un granduca in incognito, mio cugino Edoardo un ras dei deserti d’oltretomba e mia zia Concetta una profetessa regina. Si fissarono così, in solenni aspetti a me familiari, le maschere delle mie futili tragedie…”. Così assediata da tali “magnifiche” ombre, l’io narrante di Menzogna e sortilegio s’incammina verso la necropoli del proprio mito familiare: pari a un archeologo che parte verso una città leggendaria.Se potete recuperate tutta Elsa Morante perché tutti i libri sono in sconto.

Accabadora di Michela Murgia

Accabadora - Michela Murgia - Einaudi

Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come “l’ultima”. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. “Tutt’a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili’e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia”. Eppure c’è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c’è un’aura misteriosa che l’accompagna, insieme a quell’ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell’accabadora, l’ultima madre. LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE.

I Chironi di Marcello Fois

i chironi di marcello fois_o

  La storia dei Chironi inizia nel 1889 quando Michele Angelo e Mercede si incontrano: “lui fabbro, lei donna”. Basta uno sguardo per capire che staranno insieme tutta la vita. Dalla loro unione ha origine una famiglia che cresce forte, in una Nuoro pronta a entrare nel nuovo secolo e nella modernità. Ma a minacciarla ci sono gli spettri del rancore e della guerra, che la manderanno troppo presto in pezzi. Nel 1943 uno di quei pezzi perduti, Vincenzo Chironi, mette piede per la prima volta sull’isola di Sardegna. Con sé ha solo un vecchio documento che certifica la sua data di nascita e il suo nome. Ad accoglierlo trova il nonno, Michele Angelo, che diventerà per lui il padre che non ha mai conosciuto. Tornato a essere parte del suo sangue s’innamora dell’unica donna a lui proibita, Cecilia, già promessa sposa. Perché quello è il suo destino e non può sfuggirvi. Lo stesso destino del figlio Cristian; che non può avere Maddalena ma la prende comunque. E a quel punto, nell’Italia corrotta e violenta degli anni Ottanta, la sua stirpe fiera e infelice diventa troppo ingombrante per essere tollerata. Con la saga dei Chironi Marcello Fois ci fa ascoltare il battito del cuore di una famiglia nel corso di un intero secolo colmo di passioni sopite, tradimenti, colpi di scena e riconciliazioni. LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE.

La bella estate di Cesare Pavese

Scritto nella primavera del 1940 e pubblicato nel 1949 insieme a “Il diavolo sulle colline” e “Tra donne sole”, “La bella estate” è, come affermò lo stesso Pavese, la «storia di una verginità che si difende», il racconto dell’inevitabile perdita dell’innocenza. Sullo sfondo di una Torino grigia e crepuscolare, si dipana la dolorosa maturazione di un’ingenua adolescente: nell’ambiente corrotto e sregolato della bohème artistica torinese, Ginia si innamora di un giovane pittore da cui, dopo resistenze interiori e rimorsi malcelati, si lascerà sedurre. È l’inizio di un amore disperante, carico di attese e vane illusioni, destinato a consumarsi nel breve attimo di una stagione. Un romanzo intenso e delicato che narra l’iniziazione alla vita, nella fase che segna, con la scoperta dei sensi e della tentazione, il passaggio dall’adolescenza alla maturità e la consapevolezza del proprio inevitabile destino. Con una postfazione di Furio Jesi; una nota di Laura Nay e Giuseppe Zaccaria; la cronologia della vita e delle opere.Ma se potete recuperate tutto Pavese.

L’arte della gioia di Goliarda Sapienza

L'arte della gioia - Goliarda Sapienza - Einaufi super ET

 “L’arte della gioia” è un libro postumo: giaceva da vent’anni abbandonato in una cassapanca e, dopo essere stato rifiutato da molti editori, venne stampato in pochi esemplari da Stampa Alternativa nel 1998. Ma soltanto quando uscì in Francia ricevette il giusto riconoscimento. Nel romanzo tutto ruota intorno alla figura di Modesta: una donna vitale e scomoda, potentemente immorale secondo la morale comune. Una donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto. Modesta nasce in una casa povera ma fin dall’inizio è consapevole di essere destinata a una vita che va oltre i confini del suo villaggio. Ancora ragazzina è mandata in un convento e successivamente in una casa di nobili dove, grazie al suo talento e alla sua intelligenza, riesce a convertirsi in aristocratica attraverso un matrimonio di convenienza. Tutto ciò senza smettere di sedurre uomini e donne di ogni tipo. Amica generosa, madre affettuosa, amante sensuale: Modesta è una donna capace di scombinare ogni regola del gioco pur di godere del vero piacere, sfidando la cultura patriarcale, fascista, mafiosa e oppressiva in cui vive. “L’arte della gioia” è l’opera scandalo di una scrittrice. È un’autobiografia immaginaria. È un romanzo d’avventura. È un romanzo di formazione. Ed è anche un romanzo erotico, e politico, e psicologico. Insomma, è un romanzo indefinibile, che conquista e sconvolge. LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE.

Romanzo rosa di Stefania Bertola

Romanzo Rosa - Stefania Bertola - Einaudi

  Olimpia fa la bibliotecaria, è un’amante del cappuccino al bar, e la vera passione – la passione che tutto travolge – l’ha provata solo per tre giorni, nel 1977. Paola è avvocato, si è lasciata un matrimonio alle spalle e indossa vistosi giubbotti da aviatore. Nicola, invece, è un tipo che non si fa notare: brunetto, sui trenta, è anche carino, ma bisogna guardarlo sette o otto volte per accorgersi di lui. Manuela, poi, ha quarant’anni ed è disoccupata, ma investe i cento euro di un Gratta e Vinci per partecipare al corso in cui tutti questi personaggi s’incrociano: “Come scrivere un romanzo rosa in una settimana”, che Leonora Forneris, insegnante spinosa e scrittrice di fama, tiene al Circolo dei Lettori. Con la ricetta giusta e i trucchi del mestiere per confezionare, lezione dopo lezione, pagina dopo pagina, giorno per giorno, un Melody di sicuro successo. Tra passioni di carta e flirt reali, marmellate alle arance amare e misteriose limousine, uomini che amano i cani e donne che amano i gatti, Stefania Bertola ci trasporta in un universo dalle tinte pastello, creando un romanzo che sa di rosa. In ogni senso. LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE.

Oblomov di Ivan Goncarov

Oblomov - Ivan Goncarov - Einaudi

  “Quante volte la mattina avete avuto quella tipica riluttanza a iniziare la giornata, a slittare il badge, fare la spesa, iscrivervi a un corso di inglese, imparare a usare l’ultimo innovativo oggettino high tech, rassettare la camera da letto, intrattenervi con un collega, un vicino, il vostro portiere? Quante volte la mattina avete avvertito quell’irresistibile sensazione di svogliatezza, pigrizia, immobilità e sotto sotto un senso di mansuetudine e mitezza? In una parola: Oblomov.”(Mario Testa) LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE.

Guerra e pace di Lev Tolstoj

Guerra e pace - Lev Tolstoj - Einaudi

«Temo la morte di Tolstoj. Se lui morisse, nella mia vita resterebbe un grande vuoto. Primo, non amo nessuno quanto lui: non sono credente, ma fra tutte le fedi è proprio la sua che ritengo piú vicina e adatta a me. Secondo, finché nella letteratura c’è Tolstoj, è facile e piacevole essere un letterato; perfino essere cosciente di non aver fatto e di non fare nulla non è cosí spaventoso, perché c’è Tolstoj che fa per tutti. La sua attività giustifica tutte le aspettative e le speranze che si ripongono nella letteratura. Terzo, Tolstoj sta saldo, la sua autorità è enorme, e finché lui è vivo il cattivo gusto in letteratura, ogni cosa volgare, sfrontata e lacrimosa, ogni ruvida e astiosa suscettibilità resterà lontana, nell’ombra profonda. Solo la sua autorità morale è in grado di mantenere a una certa altezza i cosiddetti umori letterari e le correnti. Senza di lui sarebbero solo un gregge senza pastore o un guazzabuglio in cui sarebbe difficile orientarsi».
Anton Čechov LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE.

Resto qui di Marco Balzano

Resto qui - Marco Balzano - Einaudi

 L’acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all’improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l’altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE.

Le gratitudini di Delphine de Vigan

Le gratitudini - Delphine De Vigan - Einaudi

Michka sta perdendo le parole. Proprio lei, che per tutta la vita è stata correttrice di bozze in una grande rivista, lei che al caos del mondo ha sempre opposto una parola gentile, ora non riesce più a orientarsi nella nebbia di lettere e suoni che si addensa nella sua testa. E così adesso Michka vive in una residenza per anziani. A dire il vero, se non fosse stato per quelle parole birichine e qualche trascurabile intoppo nelle attività quotidiane, sarebbe rimasta volentieri nel suo accogliente appartamento parigino. Ma è meglio così: qui riceve assistenza continua, e poi non voleva che Marie, l’ex vicina a cui ha fatto da seconda madre, si preoccupasse tanto per lei. E allora biscottini, sonnellini, uscitine, passettini: Michka si piega, con una certa riluttanza, al ritmo fiacco delle giornate «da vecchia», alle stravaganze degli altri «resistenti», ai sogni infestati dalla temibile direttrice. Confinata nella sua stanzetta asettica, sempre più fragile e indifesa, a Michka non resta che consolarsi con le visite di Marie e le chiacchierate con Jérôme, il giovane ortofonista che lavora nella casa di riposo. Il ragazzo, infatti, ha ceduto presto alla tenera civetteria della sua paziente discola – gli esercizi per il linguaggio «la sfioriscono» -, che vuole solo raccontare e farsi raccontare. A poco a poco, però, le parole si fanno più rare, barcollanti, e, anche se non ha perso il senso dell’umorismo, Michka è consapevole di non poter deviare l’inesorabile corso degli eventi. Ed è proprio per questo che vorrebbe realizzare un ultimo, importante desiderio: ringraziare la famiglia che l’accolse durante la guerra e che di fatto le salvò la vita. Saranno Marie e Jérôme ad aiutarla, perché anche loro conoscono il valore inestimabile di un semplice «gratis», come direbbe Michka. LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE. 

L’arminuta di Donatella Di Pietrantonio

L’Arminuta - Donatella Di Pietrantonio - Einaudi

Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con “L’Arminuta” fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare. LEGGI QUI LA MIA RECENSIONE.

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