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RECENSIONE: Le stanze dell’addio (Yari Selvetella)

Le stanze dell'addio - Yari Selvetella - Bompiani
RECENSIONE: Le stanze dell’addio (Yari Selvetella)

Le stanze dell'addio

Valutazione:
three-stars
Autore:
Pubblicato da:
Data uscita:
2018-01-02T00:00:00+01:00

Pagine:
192
Genere:
ISBN:
9788858777466
ASIN:
B078K34LJP
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La trama

“Io ho ricominciato a lavorare. In altri luoghi scrivo, succhio gamberi, respiro foglie balsamiche, faccio l’amore, ma una parte di me è qui, sempre qui, impigliata a un fil di ferro o a una paura mai vinta, inchiodata per sempre: il puzzo di brodaglia del carrello del vitto, quello pungente dei disinfettanti, il bip del segnalatore del fine-flebo, la porta che si chiude alle mie spalle quando termina l’ora della visita.” Così si sente chi di noi vive l’esperienza di una perdita incolmabile: impigliato, inchiodato. Dalle pagine di questo libro affiora il volto vivissimo di una giovane donna, Giovanna De Angelis, madre di tre figli e di molti libri, editor di professione, che si ammala e muore. Il suo compagno la cerca, con la speranza irragionevole degli innamorati, attraverso le stanze – dell’ospedale, della casa, dei ricordi – fino a perdersi. Solo un ragazzo non si sottrae alla fratellanza profonda cui ogni dolore ci chiama e come un Caronte buono gli tende una mano verso la vita che continua a scorrere, che ci chiama in avanti, pronta a rinascere sul ciglio dell’assenza.
Yari Selvetella dà voce a un addio che sembra continuamente sfuggire al tentativo di essere pronunciato, come Moby Dick nel fondo del mare, e scrive un kaddish laicissimo eppure pervaso del mistero che ci unisce a coloro che abbiamo amato. Attraverso il labirinto al neon degli ospedali, le stanze chiuse del lutto, il filo tracciato da una penna sul foglio bianco è ancora di salvezza, celebrazione commossa della forza vitale delle parole.

– Prigioniero – 

Le stanze dell’addio di Yari Selvetella è un libro sulla perdita, sullo smarrimento, sul dolore. Un dolore che rischia di divorarci, una lotta tra la voglia di dimenticare e di  scomparire, contro quella di rialzarsi. E’ la storia di un uomo che si mette in trappola da solo, condannato a dimenticare e ricordare allo stesso tempo, prigioniero della perdita.

Il libro si apre con il nostro protagonista che cerca la moglie in ospedale. Erano andati lì per le sedute di chemioterapia e lei non si trova da nessuna parte. Apriamo porte, tratteniamo il fiato quando riconosciamo gli odori dell’ospedale, abbassiamo gli occhi quando incrociamo lo sguardo dei pazienti. E’ una corsa (lenta) e disperata alla ricerca dell’amata. Poi la consapevolezza arriva come una gomitata sul viso: la moglie, mamma di tre figli, è morta.

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Si nasce e si muore, non c’è altro in mezzo. Possibile che sia davvero così? Chi non l’ha mai pensato nei momenti in cui la vita ci ha messo di fronte a una prova che ci sembrava, ci sembra, troppo grande da affrontare?

La morte inghiotte, cerca di cancellare chi se ne è andato, cambia e devasta chi resta, senza alcuna pietà. E in questo romanzo insolitamente il tempo viene sbriciolato. Ci troviamo nel presente, tra le mura grige dell’ospedale,  e al tempo stesso nel passato a volte felice, a volte sconvolto dalla consapevolezza della malattia.

Quando subiamo un forte trauma non sopportiamo che il sole sorga sempre alla stessa ora, che le stagioni continuino il loro ciclo, che la burocrazia violenti la nostra perdita. Eppure in quei riti, sempre uguali a se stessi, possiamo trovare un conforto, aggrappandoci alle cose da fare.

Quando si ha un malato in famiglia, le prospettive cambiano,  si cercano sempre  speranze da inseguire, anche se minime.

Quindi siamo qui, al Giardino del ricordo, anestetizzati dalla procedura. Non posso liberarmene. Anche se ha così palesemente fallito, se ci divora, lo stesso mi tiene in piedi, è droga. Finché c’è una procedura da seguire c’è un tempo in cui continuare a muoversi, mentre un altro tempo già si muove dentro, il mostro, il nemico, il Leviatano che nuota nel corpo. Oh, il tempo. Il tempo è il potere. Se lo smembri e lo sminuzzi, secondo dopo secondo, diventerà un poligono con così tanti lati da sembrare un cerchio perfetto. Se ti affidi alla procedura, passo dopo passo, attimo dopo attimo potrai ritornare presto alla normalità e li celebrare questa vittoria del presente su ogni altra dimensione della coscienza. La procedura è sempre nel presente, non ha promesse né rimpianti, non muore, ti asfissia e ti protegge.

Le stanze dell’addio è…

Le stanze dell’addio è difficile da digerire per chi ha vissuto un lutto e forse, non mi sono approcciata nel giusto modo. Non mi sono lasciata abbastanza andare e il risultato è che a differenza di altri libri, questo non sono riuscita a viverlo. Dicono che ci sia il momento giusto per ogni libro e questo non era sicuramente quello adatto per me.

Ho tenuto una certa distanza e  di conseguenza Saltella non è riuscito ad emozionarmi come speravo.

La scrittura è particolare e bisogna prestare molta attenzione ad ogni parola. Ci sono salti temporali, stralci di conversazioni, episodi di presente e passato che si alternano come se stessimo davvero spiando dal buco della serratura la mente di un uomo devastato, ma che vuole, e sono convinta l’abbia fatto, rialzarsi.

Nel romanzo ci sono riferimenti autobiografici e i sentimenti particolari dell’autore rendono la storia universale.

E’ una storia difficile da digerire, il dolore ci attraversa in ogni pagina, ma nonostante questo, la forza della vita ci spinge ad andare avanti, capitolo dopo capitolo, giorno dopo giorno.

Consigliato per gli amanti delle storie struggenti, delle vicende faticose ma necessarie.

three-stars

Alcune note su Yari Selvetella

Yari Selvetella

Yari Selvetella (1976) è un giornalista e scrittore romano. Collabora con vari programmi della Rai. È un esperto di storia della criminalità romana, un tema su cui lavora da molti anni attraverso articoli e libri, tra cui il bestseller Roma criminale (scritto con Cristiano Armati, Newton Compton 2005). Tra gli altri suoi libri ricordiamo Banditi, criminali e fuorilegge di Roma. Storie di assassini, rapinatori e ribelli nella città eterna (Newton Compton 2010), Roma. L’impero del crimine. I padroni e i misfatti della capitale (Newton Compton 2011), La maschera dei gladiatori (Carta Canta 2014), La banda Tevere (Mondadori 2015), Rino Gaetano. Il figlio unico della canzone italiana (Bizzarro Books 2017), Le stanze dell’addio (Bompiani 2018).

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