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RECENSIONE: Diario 1941-1943 (Etty Hillesum)

Diario 1941 1943 - Etty Hillesum - Adelphi
RECENSIONE: Diario 1941-1943 (Etty Hillesum)

Diario 1941-1943

Valutazione:
four-stars
Autore:
Traduttore:
Pubblicato da:
Data uscita:
17/04/1996

Pagine:
266
Genere:
ISBN:
884591206X
Acquista:

La trama

Un «cuore pensante» testimonia la propria fine in un campo di concentramento. Accanto al Diario di Anna Frank, uno dei documenti indispensabili sulla persecuzione degli ebrei.
«Se Etty insiste a ripeterci che tutto è bello, è perché un'ebraica volontà di vivere fino in fondo vuole questo in lei. Un rivestimento ideale, poetico, ricopre in lei la solida, l'irriducibile, l'intima forza ebraica». Sergio Quinzio

 – Inno alla vita – 

Il Diario 1941-1943 di Etty Hillesum (Adelphi) è stata una scoperta bellissima. Sono andata in libreria per farmi un regalino da inizio ferie. Avevo davvero voglia di leggere una storia ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale: mi sono girata e ho trovato il diario di Etty proprio lì.

Vorrei parlavi di Etty come si parla di un’amica, leggendo i suoi diari si scopre così tanto di lei, e anche di noi stessi. La descriverei come una donna controcorrente, appassionata, forte e fragile, intelligente, acuta, determinata, profonda, religiosa, fiduciosa, innamorata della vita.

Diario 1941 1943 - Etty Hillesum - AdelphiDa bambina ho letto Anna Frank e ho provato a immedesimarmi, da donna ho letto quello di Etty e ho scoperto che avrei voluto averla come amica.

Quando apriamo le pagine dei diari, Etty ha ventisette anni: è il 1941 e vive in Olanda. Viene da una famiglia benestante e ha un grande amore: quello per la letteratura russa che coltiva traducendo. Il mondo per gli ebrei si sta tingendo di nero e lo scopriamo proprio dagli appunti degli ultimi due anni di vita di Hillesum ma, attenzione devo fare una premessa. Nei suoi diari non troverete descrizioni macabre, violenza o dolore. Quello di Etty Hillesum è un inno alla vita, oltre che un’accettazione del proprio destino. La prima parte dei diari è occupata dall’ammirazione, dall’amore per Julius Spier, il fondatore della psicochirologia (lo studio delle mani). D’ora in poi nel diario sarà soltanto S. Etty è una donna particolare in tutto, anche nelle relazioni, e ha convinzioni radicate sul matrimonio, sulla fedeltà e sull’amore.

Superate un centinaio di pagine, dopo essere stati rapiti dalle descrizioni e dalle riflessioni dell’autrice, la realtà irrompe in maniera prepotente. Una manciata di ebrei viene convocata dalla Gestapo e la nostra protagonista suscita l’irritazione di uno dei miliari perché non riesce a togliersi dal viso uno strano sorriso:

In fondo, io non ho paura. Non per una forma di temerarietà, ma perché sono cosciente del fatto che ho sempre a che fare con gli esseri umani, e che cercherò di capire ogni espressione, di chiunque sia e fin dove mi sarà possibile.  E il fatto storico di quella mattina non era che un infelice ragazzo della Gestapo si mettesse a urlare contro di me, ma che francamente io non ne provassi sdegno – anzi, che mi facesse pena, tanto che avrei voluto chiedergli: hai avuto una giovinezza così triste, o sei stato tradito dalla tua ragazza? Aveva un’aria così tormentata e assillata, del resto anche molto sgradevole e molle. Avrei voluto cominciare subito a curarlo, ben sapendo che questi ragazzi sono da compiangere fintanto che non sono in grado di fare del male, ma che diventano pericolosissimi se sono lasciati liberi di avventarsi sul umanità. È solo il sistema che usa questo tipo di persone ad essere criminale. E quando si parla di sterminare, allora che sia il male nell’uomo, non l’uomo stesso.

Diario 1941 1943 - Etty Hillesum - AdelphiEd è così che tra le pagine l’orrore dell’Olocausto comincia a farsi spazio. Improvvisamente gli ebrei non possono più andare in giro in bicicletta, prendere il tram, comprare o farsi vedere in determinati negozi. Etty ha le vesciche ai piedi, spesso non sta bene e una stanchezza cronica rischia di diventare una compagna fedele. Ma è proprio in questi momenti che comincia a farsi strada Dio. Dio per la nostra ragazza è dentro di noi. E così comincia ad ascoltarlo, prega, si riposa, ripone fiducia, accetta la morte.

Se penso all’amore di Etty Hillesum per la vita mi vengono i brividi. Qui nulla è finzione: è il suo diario: forze e debolezze vengono riportate sui fogli e ci commuovono. Ma soprattutto lasciano di stucco: l’amore di Etty per il prossimo è così grande da far sparire tutto il resto.

Sono già morta mille volte in mille campi di concentramento. E Dio non è nemmeno responsabile verso di noi per le assurdità che noi stessi commettiamo. Eppure trovo questa vita bella e ricca di significato.

Etty sa che è soltanto una questione di tempo,  la chiameranno e dovrà partire per i campi di lavoro.  Per noi che già conosciamo la realtà, quelle pagine ci fanno stringere il cuore: Etty si domanda come farà a portare i libri che ama, le coperte, il cibo. Come potrà stipare tutto in una valigia? E poi dovrà andare dal dentista e farsi sistemare le carie, il male non dovrà impedirle di lavorare nei campi,

Forse Etty non aveva davvero di fronte una scelta, ma ad ogni modo la compie. Vuole stare vicino alla sua gente, condividere il destino crudele – sa che Dio non può farci nulla –  e quando partirà da Westerbork, luogo in cui riesce a scrivere il diario restituendoci l’atmosfera d’inferno, sa che andrà incontro alla morte. Infatti a Novembre del 1943 perde la vita ad Auschwitz, non aveva ancora trent’anni. Aveva affidato i suoi diari a  Maria Tuinzing affinché li pubblicasse.

(…) Ma non devo volere le cose, devo lasciare che le cose si compiano in me ed è proprio ciò che non sto facendo.

Che sia fatta non la mia, ma la tua volontà.

Un po’ più tardi. Certom è il nostro totale annientamento! Ma sopportiamolo con grazia.

In me non c’è un poeta, in me c’è un pezzetto di Dio che potrebbe farsi poesia.

In un campo deve pur esserci un poeta, che da poeta viva anche quella vita e la sappia cantare.

Di notte, mentre coricata nella mia cuccetta, circondata da donne ragazze che russavano piano, o sognavano ad alta voce, o piangevano silenziosamente, o si giravano e si rigiravano – donne e  ragazze che dicevano così spesso durante il giorno: «non vogliamo pensare», «non vogliamo sentire, altrimenti diventiamo pazze» -, a volte prova un’infinita tenerezza, me ne stavo sveglia e lasciavo che mi passassero davanti gli avvenimenti, le fin troppe impressioni di un giorno fin troppo lungo, e pensavo: «Su, lasciatemi essere il cuore pensante di questa baracca».  Ora voglio esserlo un’altra volta. Vorrei essere il cuore pensante di un intero campo di concentramento.


Diario 1941 – 1943 di Etty Hillesum è…

Diario di Etty Hillesum è un vero e proprio inno alla vita, a qualunque costo, in qualsiasi situazione. In questo diario ci sono tanti temi che esulano dalla religione e dalla storia. Etty racconta in maniera decisamente particolare anche il proprio aborto. La scelta consapevole di non far nascere una creatura in un mondo che tutto distrugge: “ti sbarrerò l’ingresso a questa vita e non dovrai lamentartene”. Il paradosso: un grande atto di amore contro la violenza circostante.

Si parla di amore per la famiglia, che non potrà mai essere grande come quello per il prossimo, si parla dell’amore nei confronti di se stessi. C’è anche tantissima letteratura in queste pagine: dalle poesie di Rilke (da finire ad ogni costo prima della partenza per i campi) a Tolstoj e Dostoevskji, passando dalla Bibbia e reinterpretando le parole di Sant’Agostino.

Quanta ribellione in queste pagine, quanta forza di volontà, quanta potenza contro l’orrore.

Consigliato per gli amanti delle storie vere, per chi è un appassionato di storia e per chi sente il bisogno di sapere di più: non ci sente meglio arrivati alla fine del libro ma si ha avuto l’onore di conoscere una persona meravigliosa.

four-stars

Alcune note su Etty Hillesum

Etty Hillesum

Il padre di Etty Hillesum insegnava lingue classiche; la madre, russa, arrivò ad Amsterdam in seguito a un pogrom. La coppia si sposò nel 1912 ed ebbe, oltre a Etty, due figli maschi: Michael e Jacob. La famiglia seguì gli spostamenti del padre.
Etty si laureò in giurisprudenza all’Università di Amsterdam, l’ultima città dove avrebbe abitato. Si iscrisse anche alla facoltà di Lingue Slave e all’inizio della guerra si interessò alla psicologia junghiana.  I suoi studi furono interrotti a causa dalla guerra. Intelligenza precoce e brillante. Nel 1942, lavorando come dattilografa presso una sezione del Consiglio Ebraico, le si offrì anche l’opportunità di salvarsi dalla persecuzione che i nazisti stavano mettendo in atto nei confronti degli ebrei, ma decise di non avvalersi di quell’opportunità, scegliendo di condividere invece la sorte del suo popolo.
In seguito avrebbe prestato servizio nel campo di transito di Westerbork, come assistente sociale. I genitori e i fratelli sarebbero stati internati tutti nello stesso campo di Westerbork, e il 7 settembre 1943 tutta la famiglia, tranne jacob, fu deportata nel campo di sterminio di Auschwitz.
Mentre lei, i genitori e il fratello Michael morirono dopo poco tempo dal loro arrivo, l’altro fratello, Jacob, invece avrebbe perso la vita a Lubben, in Germania, dopo la liberazione, il 17 aprile 1945, durante il viaggio di ritorno in Olanda. In Italia sono stati pubblicate le sue lettere degli anni 1941-1943, i Diari dello stesso periodo e le Pagine mistiche.

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2 COMMENTI

  • Non è esatto anche se lo dicono tutti che Etty Hillesum affidò prima di partire per Westerbork i diari a Maria Tuinzing. Scrive infatti in una lettera del 5 giugno 1943 a Maria Tuinzing: ” … Mi chiedi un diario: giusto perché sei tu lascio qui uno stupido quaderno – ci troverai un tale guazzabuglio, donna indiscreta che sei! …”
    Quindi le ha lasciato un quaderno e non i 10 quaderni che si sono salvati (il quaderno n. 7 è stato perduto). Per quale via i 10 quaderni arrivarono a Smelik ci è ignoto.. Maria Tuinzing morì nel 1978 quindi 3 anni prima della pubblicazione (parziale) del diario di Etty Hillesum.

    • Ho scritto così perché nell’introduzione a cura di Gaarlandt vi è un passaggio in cui si dice: “… aveva chiesto alla sua amica Maria Tuinzing di conservare i suoi diari e di darli, a guerra finita, a Klaas Smelik e a sua figlia Johanna. Klass Smelik era l’unico scrittore che conosceva, e sperava le avrebbe trovato un editore “.

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