Pastorale americana
La trama
Seymour Levov è un ricco americano di successo: al liceo lo chiamano «lo Svedese». Ciò che pare attenderlo negli anni Cinquanta è una vita di successi professionali e gioie familiari. Finché le contraddizioni del conflitto in Vietnam non coinvolgono anche lui e l'adorata figlia Merry, decisa a portare la guerra in casa, letteralmente. Un libro sull'amore e sull'odio per l'America, sul desiderio di appartenere a un sogno di pace, prosperità e ordine, sul rifiuto dell'ipocrisia e della falsità celate in quello stesso sogno.
– Coraggio –
Pastorale americana di Philip Roth (Einaudi) è stata davvero una bella sfida. Ho deciso di partecipare all’iniziativa di Elisa (Il tempo di un libro) #LeggendoRoth ed è stata una bella esperienza. Certo, di Roth avevo letto solo L’animale morente (LEGGI QUI la mia recensione) e mi era piaciuto ma forse non così tanto da voler approfondire questo autore.
Ho parlato di sfida perché ho dovuto rileggere diverse passaggi prima di comprenderli a fondo (sempre ammesso che ci sia riuscita) e per entrare nella storia servono concentrazione e abbandono. Le descrizioni sono lunghe, dense e non ci si può distrarre nemmeno per una riga. Ricordo che preferivo leggere alla sera, quando Roth poteva avere la mia massima attenzione. Roth sceglie sempre la strada meno semplice quando scrive. I contro li abbiamo già detti: possibile disastrizione, difficoltà a seguire il filo; pro: una volta immersi non si esce fino alla fine del capitolo. Impossibile fermarsi.
Lo Svedese. Negli anni della guerra, quando ero ancora alle elementari, questo era un nome magico nel nostro quartiere di Newark, anche per gli adulti della generazione successiva a quella del vecchio ghetto cittadino di Prince Street che non erano ancora così perfettamente americanizzati da restare a bocca aperta davanti alla bravura di un atleta del liceo.
Pastorale americana comincia così con la descrizione di quello che sarà il nostro protagonista descritto dalla voce di Nathan Zuckerman, scrittore ebreo e alterego dell’autore.
Scopriamo presto che Seymour Levov è molto diverso dallo Svedese che tutti conoscono. Eccellente atleta, sposato con Miss New Jersey, padre di una bellissima bambina. Tutto sembra che sia stato regalato a Levov ma solo addentrandoci nella storia scopriamo che è tutta apparenza.
Sarà proprio Zuckerman a ricostruire la storia dello Svedese illuminando luci e ombre di questo personaggio all’apparenza mitico . Ed è qui la vera bellezza del libro (e anche la difficoltà): siamo nella testa dello scrittore e con lui scriviamo questa storia seguendo pensieri, divagazioni e intuizioni che danno vita a un grande romanzo nel romanzo.
La vita dello Svedese in realtà è spezzata. Dietro alle mura di perfezione si nasconde un dramma. Un dramma che ha un nome di bambina: Merry.
Merry all’inizio sembra una bambina come tante, se solo non fosse per il problema di balbuzie che tanto la affligge (e quelle sono pagine bellissime).
Il tempo passa e Merry da adolescente è non è soltanto odiosa ma anche pericolosa. Lei è il simbolo di una generazione (okay di estremisti) pronta a tutto pur di fermare la guerra in Vietnam. La sua rabbia verso la balbuzie, verso i genitori, verso l’America è potente e ammaliante allo stesso tempo. La conversione di Merry a una religione sconclusionata e integralista ci regala pagine splendide. Ma attenzione, Pastorale americana non è (soltanto) un romanzo storico. Sulla scena sfondo e personaggi hanno lo stesso spazio. La rabbia degli anni Sessanta, gli attentati, le tribune politiche, il contesto religioso, non mettono minimante in ombra la psicologia dei personaggi.
Ogni parola dei protagonisti è stata studiata, nessun tratto viene scoperto per caso. Ritroviamo la comunità ebraica in contrasto con il resto del mondo, ci imbattiamo nei cambiamenti e nel decadimento di una famiglia che forse è anche il simbolo dell’America. E più andiamo avanti e più lo facciamo con l’amaro in bocca.
Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare: che non c’è un senso. E quando capita una cosa simile, la felicità non è più spontanea. È artificiale e, anche allora, comprata al prezzo di un ostinato estraniamento da se stessi e dalla propria storia.
Pastorale americana è uno dei romanzi più completi che abbia mai letto. Un grandissimo contenitore di sfumature (chissà quante me ne sono perse) che graffiano. Si arriva in fondo a Pastorale americana stanchi e un po’ amareggiati perché il declino dei personaggi è difficile da sopportare proprio perché così reale:
Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando.
Forse la cosa migliore sarebbe dimenticarsi di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite…Beh, siete fortunati”.
Pastorale americana è…
Coraggio. Il coraggio che viene chiesto al lettore per addentrarsi in una storia oscura e densa e il coraggio di guardare oltre alle apparenze. Il coraggio di guardare in faccia la stanchezza dello svedese, la follia di Merry e l’apatia della madre. In Pastorale americana si precipita e forse chissà si ha anche il coraggio di rialzarsi.
Non sono pentita di averlo letto ma credo che sarei riuscita ad apprezzarlo di più e forse anche ad amarlo se solo avessi letto un po’ più di Roth prima. Ci ho messo tanto per familiarizzare e credo che alcune cose ancora non mi siano del tutto chiare.
Consigliato per chi vuole tuffarsi in un grande romanzo impegnativo tanto quanto avvincente, profondo e amaro.
4 COMMENTI
Luca S.
2 mesi faBoh, sono a pagina 140 e francamente lo trovo inutilmente prolisso e a tratti superficiale.
Sí, qualche anfratto psicologico si scorge qui e li (i dialoghi su New York tra padre e figlia con i due contrappunti antitetici) ma anche lí, prolisso fino al sadismo.
E tutta la descrizione di come si fanno i guanti, e la pelle, e il tipo di pelle, e il tipo di taglio e il tipo di cucitura…
Come (quasi) sempre arriverò alla fine ma al momento per me non é un libro che consiglierò
Piera Vallauri
2 anni faTrovo strano che Pastorale Amaricana venga considerato il solito libro statunitense sul nulla. È vero che a volte risulta repellente ma quando viene descritta la ingenua buona fede del padre e poi la follia della figlia si rimane sconvolti. Non vengono dal nulla, sono state rappresentate da molti
personaggi americani tra cui presidenti come John Kennedy, editori tipo Hearst, e altri. Io l’ho trovato potente nella sua iniziale rappresentazione di una famiglia del Mulino Bianco.
E poi nell’inferno mentale in cui si ritrovano la figlia ed il padre. Piera
Alfio Pelleriti
4 anni fasono solo a pagina sessantacinque e già da pagina venti mi chiedo se devo ancora perdere il mio tempo ad andare dietro al “nulla”. Come tutta la letteratura americana si resta alla superficie della vita descrivendola, Pagine e pagine dedicate alla quotidianità. Una scrittura noiosa, a tratti repellente. Continuerò fino alla fine sperando di modificare questo mio giudizio, anche se credo sia improbabile.
Vittorio Sechi
2 anni faGiudizio tanto tranchant quanto immotivato. Roth entra ben addentro alla psicologia dei personaggi, i quali, a loro volta, rappresentano un significativo spaccato di ciò che era effettivamente l’America di quegli anni. In sintesi, Roth raschiando il fondo dell’anima dei personaggi, gratta il fondo dell’America per ricavarne un quadro realistico e mai confortante.