Cattiva
La trama
L’uomo ha già aggredito molte altre donne, stuprando e uccidendo una di loro, la messicana Sophia Torres. Ossessionata dallo spettro di Sophia, Myriam Gurba ripercorre in queste pagine sconvolgenti la sua storia: l’infanzia allegra e scansonata scissa tra cultura messicana e americana, il rapporto magico con la nonna-totem Abuelita, quello trasgressivo con le compagne di college a Berkeley, l’approccio ai grandi della letteratura e della filosofia (Conrad, Woolf e Marx), la suggestione della Giovanna d’Arco di Dreyer femminista e santa, l’avvicinamento che è quasi identificazione ad Ana Mendieta e Hannah Wilke, grandi protagoniste dell’arte contemporanea. Con uno stile originalissimo, a tratti scarno a tratti sontuoso, usando una lingua poetica e pungente, l’autrice ci parla di un mondo fatto di sfumature sottili, di parole inventate, un mondo in cui il corpo è una scoperta e la scoperta è nel piacere. Anche quello che gli altri decidono di prendersi senza permesso. Fino a quando, un estraneo le tende una trappola, la tocca, abusa di lei e tutto diventa nuovo. Tutto rinasce, assume un colore diverso, il colore dello stupro e il mondo cambia: “È una falena o uno stupratore? c’è uno stupratore nascosto in quel mazzo di girasoli appena recisi?
– Azzardo –
Cattiva di Myriam Gurba (Fandango Libri) è la storia di una ragazza che racconta il suo “dopo violenza”. E’ il flusso di coscienza dell’autrice che si denuda e ci trascina senza possibilità di scelta nella sua testa e quindi nella sua vita.
Non è un libro per tutti e questo va detto subito. Gurba ci costringe ad essere lei: non c’è un’altra prospettiva in Cattiva, non ci sono altri personaggi, altre versioni, solo quella di una ragazza solitaria e problematica, lontanissima da me. No, non cercate di incasellare questo racconto perché sarebbe inutile. Quando sono andata al BookPride di Milano, parlando proprio con Riccardo di Fandango abbiamo discusso sull’originalità del libro. Quando arriva un autore, in questo caso Gurba, capace di trattare un argomento sentito e risentito, trattato e ritrattato, in maniera nuova, allora quello non può che essere un buon libro. L’originalità va premiata anche se, inevitabilmente può dividere.
Sono gli anni Novanta, la nostra protagonista è una sopravvissuta. Figlia di mamma messicana e papà polacco ci racconta attraverso i ricordi la sua infanzia. Impossibile non percepire il razzismo, le parole pesanti nei suoi confronti, le prime molestie a scuola. Di Myriam mi ha colpito l’ironia, la forza, la volontà di ribaltare un destino difficile da sopportare ma ora sto correndo troppo.
In Cattiva facciamo la conoscenza di una bambina felice che però non riesce a trovare una collocazione precisa perché è americana e messicana. C’è qualcosa in lei che non quadra, in perenne lotta con il proprio corpo, passa dall’infanzia più o meno spensierata a un’adolescenza interrotta bruscamente dalla violenza subita.
Ricordiamoci che siamo nella testa di Myriam e conosciamo tutto di lei: la accompagniamo durante la scoperta del proprio corpo, ci guardiamo allo specchio con lei e scrutiamo le labbra grandi, gli occhi chiari e trasgrediamo al college con lei. Perché a un certo punto, nonostante la distanza generazionale, caratteriale o culturale, a un certo punto diventiamo lei. E lo facciamo, secondo me, quando meno ce lo aspettiamo.
Prima di leggerlo mi sono chiesta cosa significasse:
Essere cattiva con gli uomini che lo meritano è una missione sacra.
Potevo intuire cosa avesse portato Myriam a pensarlo, leggendo Cattiva, l’ho pensato anche io. La protagonista subisce la violenza e dopo aver denunciato lo stupro tutto sembra immutato in lei. Addirittura alle compagne di college racconta l’esperienza come una cosa da nulla. Nemmeno lei ha idea di quanto quell’avvenimento influenzerà i suoi pensieri. La sua vita.
La mia insegnante di catechismo, una suola bianca con gli occhi azzurri come il cielo, mi segno che Dio è onnipresente. È un lui, ed è ovunque. È in cielo. E tra gli uccelli. E nell’erba. E’ dentro di te. Che ti piaccia o no, è dentro di te.
Dio è come lo stupro.
Anche lo stupro è ovunque.
Lo stupro è nell’aria.
Lo stupro è nel cielo.
Lo stupro è nella Bibbia.
Lo stupro avviene a casa di una vicina.
Lo stupro avviene a casa.
Lo stupro avviene in panchina.
Lo stupro avviene nell’infield.
Lo stupro avviene nella storia.
Lo stupro avviene dal panettiere.
Ho visto bambini stuprare ciambelle con le dita. Lo stupro ha dato la vita alla civiltà occidentale, e magari a vostra madre.
Lo stupro di una sconosciuta mi fa pensare a Camus. Uno sconosciuto scelse me per commettere uno stupro. Non c’era nessun tipo di nepotismo. In pratica, sono stata su stuprata sul serio (questa è la parte spinta).
Lo stupro da parte un estraneo è come la Monnalisa. Squisito, senza tempo, archetipo.
Classico. Non riesco a non considerarlo la Coca-Cola dei crimini sessuali.
La protagonista di Cattiva affronta diverse fasi del dolore. Reazioni e comportamenti che ho sentito raccontare, che ho immaginato ma che magari non avevo compreso fino ad ora. Il desiderio di sembrare invisibile, la voglia di non vedere e non parlare con nessuno… e poi le reazioni delle persone, forse quelle sono le più dure da digerire.
Come se non bastasse scopriamo che la stessa persona che ha stuprato lei ha ucciso una ragazza. Si è divertito a picchiarla, inseguirla e spaventarla. Myriam è coraggiosa e tra soccombere e tornare a vivere sceglie di portare con se il testimone di Sophia. Vivrà anche per lei.
“Va subito a cambiarti!”, mi urlò papà. “Quei jeans sono strappati? Lo sai cosa ti fanno sembrare?”
Stava insinuando che uno strappo nel Denim forse un invito: questa ragazza dei buchi… Esploriamoli.
Difesi la mia scelta infatti l’abbigliamento urlando uno slogan che avevo sentito gridare da una femminista isterica durante un talk show: “QUELLO CHE INDOSSA UNA DONNA NON HA NIENTE A CHE VEDERE CON IL FATTO CHE VENGA O MENO STUPRATA !”.
La mia gola fece strane cose quando pronunciai quell’ultima parola.
Dentro di me, dubitai della mia difesa. Se non avessi indossato una gonna, non sarebbe stato così facile per quel sorriso infilarsi dove non avrebbe dovuto.
A nessuna vittima di un reato si chiede cosa indossasse al momento della violenza, solo alle donne stuprate.
Cattiva, di Myriam Gurba, è…
Un azzardo. Un viaggio necessario. Un nuovo modo per parlare di violenza. Myriam tra ironia, amarezza e verità ci scaraventa nella sua vita. Viviamo la sua esperienza e ne ammiriamo la forza. Myriam non potrebbe essere più lontana da me, è diversissima in tutto eppure l’ho sentita così vicina che avrei voluto abbracciarla, o meglio ancora, farle qualche battuta sarcastica. La vita spesso è ingiusta e la banalità del male è sconcertate. Chi decide chi vive e chi muore? Chi si salva e chi si perde? Non lo so, ma so che c’è sempre una scelta: subire o rialzarsi e Myriam si rialza con le sue cicatrici in bella mostra e tende la mano a chi ha bisogno. Ora la palla in mano ce l’abbiamo noi.
Consigliato per chi ha voglia di una storia particolare, impossibile da catalogare. Una storia difficile per via della tematica, semplice per scelta di linguaggio. Cattiva non è una storia di violenza, ma un racconto di vita.
Cattiva è il protagonista di un Blog tour e io vi consiglio di andare a leggere le altre interessantissime tappe in cui non si parla soltanto del libro, i blog coinvolti sono indicati nell’immagine in alto. Buona lettura!
Lascia un commento