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RECENSIONE: 1972 (di Francesca Capossele)

1972 di Francesca Capossele - Playground Fandango
RECENSIONE: 1972 (di Francesca Capossele)

1972

Valutazione:
three-half-stars
Autore:
Pubblicato da:
Data uscita:
2017

Pagine:
141
Genere:
ISBN:
9788899452100
Acquista:

La trama

Da qualche mese Cristina vive a Lagos, in Nigeria. Una destinazione che ha tutto il sapore di una fuga, in particolare dal proprio passato. Una fuga impossibile, però, tanto che Cristina si convince ad affrontare un necessario viaggio a ritroso nel tempo, a partire dal 1972, l'anno decisivo. Allora Cristina aveva sedici anni e viveva a Ferrara, insieme ai genitori, ma soprattutto al fratello Marcello (di un anno più grande), il complice, l'alleato e il confidente di sempre. Un'esistenza comune, scandita dai "sacri pasti domestici", dalle prime esperienze sentimentali e soprattutto dall'ambizione di non guastare le proprie vite così come è accaduto ai loro genitori, odiati e allo stesso tempo compatiti. A interrompere quella routine il trasferimento, deciso dal padre, da Ferrara a Bologna, che ha l'effetto immediato di provocare in Cristina e Marcello la consapevolezza della fine della prima adolescenza, di quell'età in cui sono ancora visibili le tracce dell'infanzia. Bologna appare subito a Cristina e Marcello una città estranea e minacciosa, ma l'iniziale spae-samento è superato grazie a un incontro che sarà decisivo per entrambi: Elisabetta. Bellissima, sfrontata, figlia della buona borghesia bolognese, Elisabetta forma con Cristina e Marcello un vero e proprio sodalizio, che consentirà a tutti e tre di attraversare con entusiasmo e dolore i territori dell'amore, della politica, dell'amicizia e infine dello scandalo. Ma una tragedia sconvolgerà la vita di tutti, e segnerà per sempre la fine di quelle giovinezze provinciali.

– Memoria – 

Ci sono libri che sono in grado di avvolgere e catturare il lettore sin dalle prime righe. E’ sicuramente il caso di 1972 di Francesca Capossele (Playground Fandango). Ho capito che non mi avrebbe lasciato indifferente quando ho letto una frase. Poche parole, ma quelle giuste. Un linguaggio semplice, anche duro se vogliamo, ma efficace. Un paio di righe che dipingono alla perfezione Cristina, la protagonista di questo romanzo.

Allora avevo sedici anni e intrattenevo con le cose un rapporto speciale che solo l’età adulta avrebbe sgretolato. Diciamo pure che amavo le cose e mi sentivo amata da loro. Rispondevo ai comandi dell’anima e credevo non potesse esistere un altro modo di vivere, di soffrire, di provare gioia.

Il romanzo si apre con la nostra protagonista che vive a Lagos  in Nigeria. Migliaia di chilometri la separano da Ferrara, sua città d’infanzia, e da Bologna, la città dell’adolescenza, ma non la separano dal passato, da ciò che era e da ciò che potrebbe ancora essere. Comincia così il viaggio a ritroso di Cristina e si sofferma su un anno preciso: 1972.  Perché è così importante? L’autrice non ci tiene sulle spine e svela subito che è l’anno delle tragedie.

Cristina ha un rapporto quasi morboso con il fratello Marcello, insieme ai genitori e alla figlia minore, conducono una vita ordinaria a Ferrara, scandita dai pasti domestici, abitudini e rituali. La loro tranquillità, almeno quella apparente, viene interrotta dal trasferimento a Bologna. Cristina e Marcello non diranno solo addio al loro giardino, ad amici e fidanzati ma a qualcosa di diverso: alla loro prima adolescenza. E’ un rito di passaggio, dal giardino silenzioso di Ferrara contro la caotica e sconosciuta Bologna, dalla prima adolescenza all’età adulta.

L’infelicità dei vecchi, ovvero dei genitori di questa generazione è la costante del libro. Questi adulti vengono guardati dai figli con compassione, dispiacere e un pizzico di superiorità. La mamma di Cristina è una casalinga ordinaria ma soprattutto frustrata perché ha rinunciato a tutto in nome della famiglia. Ambizioni, passioni “gettate” alle ortiche per rimanere accanto a un uomo che la tradisce e accanto a dei figli che la compatiscono ma senza riuscire ad intrecciare un rapporto d’affetto con lei.

I giovani fuori dalla loro gioventù diventano solo degli adulti che vogliono convincere altri giovani di avere fatto delle esperienze migliori. Abbiamo condiviso un’utopia: sfuggire alla trappola dell’età adulta. Abbiamo superato i vent’anni con la circospezione che si ha con la morte. Mi sono domandata a lungo se è accaduto in ogni secolo, o solo ai giovani del Novecento.

Cristina e Marcello sono nell’età della possibilità. Possono diventare chiunque e affrontare qualunque cosa, anche l’infelicità dei genitori. Quando arriva Elisabetta, arriva il colore e persino Bologna diventa meravigliosa. All’inizio Cristina è schiva, non riesce ad intrecciare rapporti con i compagni di classe ma poi quella ragazza attira la sua attenzione. Loro sono le escluse, le diverse. Una si è appena trasferita, l’altra è stata bocciata. Nasce così un’amicizia senza mezze  misure, erano diventate inseparabili. Marcello ed Elisabetta si innamoreranno e accompagniamo questo trio bizzarro fino alla fine del libro, fino a quando la morte non li separerà.

Gli adolescenti non hanno paura di nulla, nemmeno della morte. La fortuna aiuta gli audaci e i ragazzi degli anni Settanta lo sono. Hanno voglia di cambiare il mondo e ci riescono, forti di essere giovani, incoscienti e pieni di ideali. Però non sono immuni al dramma. Cristina verrà colpita con ferocia da una doppia perdita, si ritroverà a passare in rassegna quell’anno ricordando volti, frasi e atteggiamenti, “coltivando l’illusione” di riuscire a capire quello che è successo. Non è forse lo sforzo che facciamo tutti di fronti al dolore? Dopo il rifiuti, la rabbia e persino il desiderio di vendetta scatta il desiderio di comprensione, Cristina riuscirà a soddisfarlo?

1972 di Francesca Capossele è…

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Il rapporto tra Marcello e Cristina mi ha colpito molto, due fratelli che si amano quasi con i paraocchi, lasciando fuori tutti gli altri, tranne Elisabetta. L’audacia di Cristina con Guido (il papà di Elisabetta) vi colpirà e vi strapperà un sorriso, se pur amaro.

1972 di Francesca Capossele è un libro sui riti, sui cambiamenti e soprattutto sulle crisi. La crisi del matrimonio, la crisi di una società che non riesce più a rappresentare donne e ragazzi, la crisi degli adolescenti che abbandonano l’infanzia e guardano con apprensione il futuro, ma che alla fine trovano sempre il modo di ricominciare.

Cristina è  sì una donna in fuga, ma non ha paura di affrontare il dolore e durante questo viaggio a ritroso sarà naturale tenderle una mano.

 

 

 

three-half-stars

Alcune note su Francesca Capossele

Francesca Capossele è nata a Ferrara. Il suo esordio come scrittrice avviene nella maturità ed è segnato dall’uscita, nel 2017, del romanzo “1972”, una storia familiare d’amore, amicizia e giovinezza perduta che unisce i destini di due fratelli della provincia italiana a una figlia della ricca borghesia bolognese, sullo sfondo di un decennio, quello degli anni Settanta, colmo di fermenti culturali e dolorose trasformazioni.

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1 COMMENTO

  • Julie Barucci

    Ringrazio profondamente l’autore di questa recensione, sono in obbligo non solo per il lusinghiero giudizio, ma per le parole oggettive, eppure così delicate, con cui ha saputo individuare il mondo della memoria nel quale vivono i personaggi di 1972. Un abbraccio riconoscente, Francesca Capossele

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