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RECENSIONE: Nessuno al posto tuo (Erika Zerbini)

Nessuno al posto tuo - Erika Zerbini - Panesi Edizioni
RECENSIONE: Nessuno al posto tuo (Erika Zerbini)

Nessuno al posto tuo

Valutazione:
three-half-stars
Autore:
Pubblicato da:
Data uscita:
24/06/2019

Pagine:
159
Genere:
ISBN:
9788899289898
ASIN:
B07T192GL9
Acquista:

La trama

Gioia è una giovane donna, vittima inconsapevole di una relazione violenta, finché la nascita di suo figlio le apre gli occhi: non più solo responsabile di se stessa, si costringe a guardare la realtà da una prospettiva differente, prendendo consapevolezza della gravità di ciò che, solo poco tempo prima, era per lei normalità. Gioia si trova a dover rispondere a domande inevitabili. Cos'è una famiglia? Fino a che punto ha senso scendere a compromessi e sacrificarsi, pur di tenerla unita? Possono l'infelicità, la paura e la violenza essere il prezzo da pagare per dirsi famiglia? Se scegliesse di salvarsi, quali sarebbero le conseguenze? Cosa sarebbe condannato a subire suo figlio? Quello di Gioia è un arduo percorso di crescita, verso la valorizzazione di sé e del suo potenziale, come persona, come donna e come madre.

 – Empatia – 

Nessuno al posto tuo di Erika Zerbini (Panesi edizioni) è un libro forte e delicato. E’ una di quelle storie che forse incrociamo, senza saperlo, ogni giorno.

E’ difficile raccontare la vita di Gioia e non perché il libro sia complicato ma perché ci sono tante riflessioni su questo argomento da affrontare. Uno dei temi del romanzo di Zerbini è senza dubbio la violenza. Facciamo  sempre più fatica, secondo me, di fronte a telegiornali, giornali, notizie facebook, a provare empatia.  Assuefatti da foto e modi di dire, certi eventi hanno poca presa su di noi (ovviamente non su tutti noi).

Nessuno al posto tuo - Erika Zerbini - Panesi EdizioniChi non ha mai sentito “Se l’è cercata?”, “Vittima e carnefice”, “Doveva denunciarlo prima”, “Come ha fatto a non accorgersi che era un mostro?”. Quante volte le donne maltrattate, violentante o uccise, sono state giudicate? Ecco qui, per un centinaio di pagine diventiamo Gioia. Ci trasformiamo letteralmente in una di quelle donne che non solo hanno subito violenza (in questo caso fisica e psicologica) ma che si sentono persino isolate, sole,  colpevoli di qualcosa. Troppo stanche e/o terrorizzate per mettersi a combattere una battaglia che pensano di perdere.

Gioia è diventata mamma da poco, ma nemmeno questo ferma il suo compagno che la prende a calci, la scaraventa giù dal letto… le sputa in faccia. Esce pochissimo, ha perso il lavoro e tutto il suo mondo è lì in quella casa che  misura a passi tutto il giorno. Si muove cullando Dario, un bimbo frutto dell’amore, un figlio che vive in un clima di terrore.

La paura è un sentimento strano.
Non è come la gioia o l’allegria, emozioni semplici e chiare.
Tutti sanno dire se siano allegri o pervasi dalla gioia.
Nel momento in cui la felicità arriva esplode nel corpo e lo fa vibrare come se fosse cosparso dalle corde di un’arpa.
La paura invece è scura, silenziosa e pensate.
Ti affossa, un poco alla volta.
Ti abbassa e acquieta.
Può restare ferma lì, per giorni, settimane e mesi, tenendoti sotto con la potenza della sua morsa. Finchè addirittura puoi abituarti ad essa e arrivare a convivere con lei, senza saper valutare quanto ti abiti.

Il compagno di Gioia lavora ma trascorre parecchie ore al bar, fuma e beve. Non si può prevedere l’umore con il quale tornerà a casa. Alzerà le mani di nuovo? Urlerà? La farà piangere ancora e ancora sotto lo sguardo preoccupato e solo all’apparenza inconsapevole di Dario? Le sputerà in faccia?

Succederà ancora e ancora.  I pretesti sono i più disparati, è sempre il momento giusto per mortificare la compagna.

Sarà sobrio da una manciata di ore e penserà d’essere ormai astemio. Si sentirà un uomo nuovo e tornerà ad essere l’inetto di sempre.
Dario, abbiamo poche ore. Questa è la parte buona. Potremmo anche considerarla una bugia, per quanto effimera. Eppure è quel poco che c’è concesso.
Che facciamo, fingiamo che possa essere per sempre?
Solo per un po’.

Nessuno al posto tuo è…

Un libro da leggere per smetterla di giudicare. Gioia non è sola in questo libro, ha un papà, un amico su cui contare… eppure quando chiude la porta di casa con lei c’è solo la paura. Deve andarsene, deve farlo per Dario ma soprattutto per se stessa. Non merita di vivere così e soprattutto quello non è amore.

Credo che l’intento (o uno) del libro sia proprio quello di spingerci a chiederci; dove eravamo noi? Quando una Gioia ci ha raccontato la sua storia, ci ha mostrato il suo malessere, cosa abbiamo fatto? Per una volta non mettiamoci a pontificare sulle azioni mancate della vittima, chiediamoci cosa avremmo potuto fare noi per lei.

Il libro è breve e si divora in fretta. Io non vedevo l’ora di sapere cosa sarebbe successo a Gioia e a Dario. Ho fatto il tifo per lei, ho contato, ho respirato e ho stretto denti. Una storia così non si può e non si deve dimenticare.

three-half-stars

Alcune note su Erika Zerbini

Erika Zerbini

Erika Zerbini, nata a Genova il 28 febbraio 1976, vive nell’entroterra ligure col marito e i tre figli. Nel 2011 affronta due morti endouterine nel secondo trimestre di gravidanza e si trova catapultata nel mondo del lutto perinatale. Il profondo silenzio intorno a questo lutto e la negazione sociale della maternità interrotta, la spingono a pubblicare il testo autobiografico Questione di biglie (Eidon Edizioni, 2012) e ad aprire un blog: Professionemamma.net.
Nel 2015 pubblica Professione MAMMA (Eidon Edizioni), col quale si aggiudica la menzione d’onore al concorso internazionale di poesia e narrativa “Le Grazie Porto Venere la Baia dell’Arte”.
Nel 2016, l’articolo La mia maternità interrotta, pubblicato sul n. 13 (anno 141) del Corriere della Sera e sul blog “La 27esima ora”, entra a far parte di Amori Moderni, storie di ordinaria tenerezza, pubblicato dal Corriere della Sera. Nel 2016 pubblica con PM Edizioni il libro Nato Vivo e apre il blog Luttoperinatale.life in collaborazione con Novella C. Buiani (Psicologa perinatale).

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1 COMMENTO

  • Elisabetta

    E’ vero, è difficile la domanda “noi dove eravamo”, ma è anche difficile accettare che qualcuno possa non difendere il proprio figlio. Forse per questo ogni volta che sento notizie su bambini che vivono in questo clima provo una grande rabbia e senso di impotenza perchè da madre mi sembra impossobile potersi permettere di essere troppo stanchi per lottare.
    E’ un dovere anche per il codice penale proteggere i propri figli da violenze e cilma del terrore, in qualunque modo, a qualunque costo.
    Leggerei il libro in attesa del momento in cui finalamente lei riesce a liberarsi e soprattutto a liberare suo figlio.

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