Oggi non pubblicherò la classica recensione perché ho intenzione di raggruppare le mie impressioni dopo aver letto tre mini libricini: gli Eletti di AlterEgo edizioni (per consultare il catalogo cliccate qui).
Gli Eletti di AlterEgo edizioni
Sono stata contattata dall’ufficio stampa di AlterEgo ed è stata lei a propormi tre titoli e a spiegarmi qualcosa di più su questa collana.
“Fin dalla sua nascita nel 2012 la casa editrice Alter Ego ha voluto porre attenzione alla riscoperta e valorizzazione dei classici, da questo presupposto è nata la collana Eletti: capolavori della letteratura italiana e internazionale in formato economico e tascabile. Nel catalogo sono presenti le Pietre Miliari, ossia i grandi classici in forma rigorosamente originale, immancabili nelle librerie di un lettore, come Alice nel paese delle meraviglie, Attraverso lo specchio, Lasirenetta e Canto di Natale. Ma non mancano le Gemme, perle dimenticate o introvabili dell’opera letteraria delle grandi penne del passato: Iracconti di viaggio di Charles Dickens, La cucina futurista di Filippo Tommaso Marinetti e racconti di Guy De Maupassant, Robert L. Stevenson, Honoré de Balzac, Edgar Allan Poe, Luigi Capuana e tanti altri.
Inoltre la grande attenzione alla cura editoriale del progetto – grazie alla consulenza letteraria di Dario Pontuale – la grafica ricercata e le traduzioni inedite rendono gli Eletti unici e collezionabili”.
Io ho avuto la possibilità di leggere Fiabe della malanotte ed è stato un po’ come tornare bambina. Le ho lette quando non stavo benissimo e questo mi ha aiutato a distrarmi per un’oretta. Qui ho ritrovato favole famose come Cappuccetto rosso, Biancaneve e Il lupo e i sette capretti. Non avevo più letto favole, dovete sapere che io per anni ho riletto, rigorosamente prima di dormire, un libro di favole (Sì, ero un po’ fissata). Ed è stato bello riscoprire il piacere di leggere storie inventate, cariche di magie e vendette. Comunque, in Fiabe della malanotte ho scoperto anche racconti nuovi dalle tinte oscure, come Il ginepro:
Molto tempo fa, circa duemila anni, c’era un ricco che aveva una moglie bella e pia; si volevano molto bene, ma non avevano bambini. Li desideravano tanto ma, per quanto la donna pregasse il buon Dio giorno e notte, i figli non venivano mai. Davanti al loro casa, in cortile, c’era una pianta di ginepro. Un giorno d’inverno, la donna sedeva sotto il ginepro intenta a sbucciarsi una mela e, sbucciandola, si tagliò un dito, il sangue cade sulla neve. «Ah» disse la donna sospirando e, tutta mesta, guardava quel sangue, «avessi un bambino rosso come il sangue e bianco come la neve!».Come ebbe pronunciato queste parole, gioì in cuor Dio, come se avesse avuto un presentimento.
Forse, il mio racconto preferito è stato La fanciulla senza mani, qui un padre è costretto a tagliare le mani a una figlia per colpa di Satana e di uno strano patto che li lega…
E così tra racconti conosciuti, fiabe meno note e splendide illustrazioni, sono arrivata alla fine di questo libricino in un battibaleno. Perfetto per chi vuole staccare la mente prima di andare a dormire e a chi ancora crede a quel brivido che provoca la magia.
Non ho abbandonato subito le atmosfere cupe ed oscure delle fiabe, perché subito dopo mi sono immersa ne Gli incubi di Baltimora di Edgar Allan Poe. Lo ammetto, non ho mai letto nulla di Poe nonostante mi attenda e mi guardi dagli scaffali della libreria da… ormai molti anni. Qui ci sono cinque racconti: Il crollo della casa degli Usher è il primo e mi è piaciuto particolarmente:
Nel corso di una spenta, cupa e muta giornata d’autunno, in cui le nuvole incombevano gonfie basso nel cielo, avevo attraversato, solo a cavallo, una vasta distesa del paese davvero lugubre. Infine, quando si allungavano le ombre della sera, mi trovai nei pressi della malinconica casa degli Usher. Non saprei dire perché; sta di fatto che, al primo colpo d’occhio che gettai su quella costruzione, un sentimento di tristezza insopportabile mi penetrò nell’anima. Dico insopportabile, perché la tristezza non era per nulla placata da una particella di quel sentimento la cui essenza poetica è quasi un piacere e da cui l’anima viene generalmente rapita, se messa di fronte alle più cupe immagini naturali della desolazione e del terrore.
Troviamo poi il famosissimo Il cuore rivelatore, Hop – Frog, Berenice e il mio preferito di questa raccolta: Il pozzo e il pendolo:
Ero svenuto ma tuttavia non dirò che avessi perso ogni coscienza. Quel che me ne restava non tenterò di definirlo e neppure di descriverlo; ma, infine, non tutto era perduto.nel sonno più profondo-no! Nel delirio – no! Nello svenimento – no! Nella morte – no! E anche nella tomba non tutto è perduto. Altrimenti non ci sarebbe immortalità per l’uomo. Risvegliandoci dal sonno più profondo, laceriamo la tela di ragno di qualche sogno. E tuttavia, un secondo dopo – tanto forse la fragile quella tela – non ci ricordiamo di aver sognato. Nel ritorno dallo svenimento alla vita, ci sono due gradi: il primo è il sentimento dell’esistenza morale o spirituale; il secondo è quello di resistenza fisica.pare probabile che, arrivando al secondo passaggio, se potessimo evocare le impressioni del primo, ci ritroveremo tutti i chiari ricordi raccolti al di là dell’abisso.
Consigliato per chi non ha paura di rinchiudersi in un pozzo buio e specchiarsi nell’abisso, per chi ama le storie da brividi e per chi come me, deve ancora fare la conoscenza di Poe. Sono contentissima di aver finalmente letto qualcosa!
Ultimo libricino letto I morti di James Joyce. La premessa è doverosa, non sono mai entrata in sintonia con questo autore purtroppo. Alle superiori ho letto Gente di Dublino e non l’ho fatto perché obbligata, ma perché avevo davvero voglia di immergermi nell’universo di Joyce. Purtroppo però, ricordo soltanto una grande fatica a seguire il filo dei racconti e devo dire che a dieci anni di distanza, la mia impressione su Joyce è purtroppo rimasta la stessa, nonostante l’introduzione chiarificatrice di Alex Piovan.
Ammetto comunque che il racconto che ho letto sia molto bello ne I morti, come è ben spiegato nell’introduzione, va in scena la paralisi della società. Ogni rito ripetuto e consumato con la stessa ossessività di ogni anno.
Il protagonista è Gabriel e osserva tutti dall’alto in basso, finché non si scopre lui stesso ridicolo. Questo è un racconto carico di malinconia ma anche di amore.
«Eppure» continuò Gabriel, con la voce che cadeva in un’inflessione più tenue, «ci sono sempre, ai raduni come questo, pensieri più tristi che ci tornano in mente: pensieri del passato, di giovinezza, di cambiamenti, di volti assenti di cui sentiamo la mancanza stasera. Il nostro percorso nella vita è disseminato di talmente tanta memorie così tristi: e se dovessimo sempre rimuginarci sopra, potremmo non trovare il coraggio di andare avanti con il nostro lavoro in mezzo ai vivi. Abbiamo noi tutti i doveri e affetti vitali che reclamano, e reclamano a ragione, i nostri strenui sforzi. Perciò non indugerò sul passato.
Consigliato per chi vuole approcciarsi a Joyce ma non se la sente di affrontare l’intera opera, o per chi ha bisogno di una lettura impegnativa ma breve allo stesso tempo.
In una manciata di righe ho provato a raccontarvi le mie impressioni, praticamente tutte positive, su questi libri da collezione. Ideali per pensierini e o come la collana minima di Adelphi per approcciare autori che non si conoscono ancora.
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