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Virginia Woolf, 136 anni dalla nascita

Virginia Wolf

Il 25 gennaio 1882, esattamente 136 anni fa, è nata Wirginia Woolf. A ricordarcelo è il motore di ricerca Google, che le ha dedicato la veste grafica (o doodle, come amano definirlo) di oggi.

Doodle Virginia Wolf

Il suo primo libro che ho letto è stato Gita al faro e… udite udite, non mi è piaciuto. Mi affascinava la vita da scrittrice di Virginia Woolf, la sua depressione e il gesto estremo che l’ha condotta alla morte. Ma per capirla, per amarla, ho dovuto leggere Una stanza tutta per sè.

Una delle frasi contenuta in quel saggio è usata come una sorta di detto:

Una donna deve avere denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sè se vuole scrivere romanzi.

Al giorno d’oggi  quando sentiamo la parola femminismo, storciamo  sempre un po’ il naso. Noi donne non ci riconosciamo in quella definizione e talvolta proviamo quasi fastidio quando qualcuno ci “accusa” di femminismo. Basterà prendere in mano quel saggio per capire che la Woolf parla a tutte le donne, anche a quelle che non hanno intenzione di scrivere un romanzo. E qui la parola femminismo acquista un significato meraviglioso. Una lotta contro la dipendenza dagli altri e contro l’apatia.

Se guarderemo in faccia il fatto – perché è un fatto – che non c’è neanche un braccio al quale dobbiamo appoggiarci ma che dobbiamo camminare da sole e dobbiamo entrare in rapporto con il mondo della realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne, allora si presenterà l’opportunità.

Non cerca di indorare la pillola con le aspiranti, o le sedicenti scrittrici, battersi per i diritti delle donne non significa non dire la verità.

L’odio nei confronti degli uomini rende la produzione letteraria delle donne peggiore, in quanto risulta ostacolata e condizionata dalla rabbia repressa. È proprio per questo che è necessario ricercare l’autonomia, per liberarsi dalla sensazione di dipendenza e dalle possibilità di provare risentimento.

La sua scrittura è particolare, delicata e tagliente allo stesso tempo. Chiunque voglia avvicinarsi alla letteratura, secondo me, dovrebbe, anzi deve leggere un suo saggio e almeno uno dei suoi romanzi.

Chi desiderasse ricevere la speciale coperta Feltrinelli di cui vi ho parlato nei giorni scorsi (QUI l’iniziativa), potrebbe sfruttare l’occasione e comprare due libri della Woolf nella collana superEconomica.

Nella mia lista dei desideri, ad esempio, è inserito da tempo il libro Diario di una scrittrice. Ho scoperto Virginia Woolf anni fa e ancora adesso quando capita di imbattersi in un mercatino, butto sempre l’occhio sulla “W” sperando di trovare un libro diverso, un’edizione particolare…

In camera mia ho appeso un poster con il suo visto e la frase: “Non di amici ma di nemici abbiamo bisogno”.

Ho particolarmente apprezzato Orlando e La signora Dalloway. Sono racconti molto particolari pieni di spinti di riflessione e citazioni che dalla mia mente non se sono mai andate.

Quel potere che aggiunge il supremo sapore all’esistenza – il potere di prender fra le mani l’esperienza e rigirarla, lentamente, sotto la luce.

La sua vita sembra un romanzo, di quelli difficili da accettare, che si conclude nel peggiore dei modi: con il suicidio.

La morte è un atto di sfida.

Alcune note su Virginia Woolf

Virginia WoolfVirginia Adeline Woolf (Londra, 1882 – Rodmell, 1941), autrice di alcuni dei più importanti romanzi inglesi del Novecento, frequentò da giovanissima i maggiori artisti e letterati dell’età vittoriana. Agli inizi del XX secolo ha dato vita con la sorella Vanessa e intellettuali quali Wittgenstein, Forster e Keynes al gruppo chiamato Bloomsbury, destinato a dominare per oltre un trentennio il panorama culturale londinese. Tra le sue opere principali ricordiamo: La camera di Jacob (1922), La signora Dalloway (1925), Orlando (1928) e Gli anni (1937). Feltrinelli ha pubblicato nei “Classici” Al Faro (1992, 2014), Le tre ghinee (1992), La signora Dalloway (1993, 2013), Una stanza tutta per sé (2011), Gli anni(2015) e la sua prefazione a Poesie sacre e profane (1995) di John Donne e a Casa Howard di Edward M. Forster (2008).

 

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