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RECENSIONE: La foresta della notte (Djuna Barnes)

La foresta della notte - Djuna Barnes - Adelphi
RECENSIONE: La foresta della notte (Djuna Barnes)

La foresta della notte

Valutazione:
three-stars
Autore:
Traduttore:
Pubblicato da:
Data uscita:
1994

Pagine:
176
Genere:
ISBN:
9788845910791
Acquista:

La trama

Al centro della Foresta della notte dorme la Bella Schizofrenica, in un letto dell'Hotel Récamier. T. S. Eliot, accompagnando questo libro alla sua uscita, scrisse che vi trovava "una qualità di orrore e di fato strettamente imparentata con quella della tragedia elisabettiana".

 – Oscuro –

La foresta della notte di Djuna Barnes (Adelphi Edizioni) è un libro folle e quindi geniale. Uno di quei racconti che sembrano senza trama, un’opera in cui i personaggi si muovono apparentemente senza regole.  Questa non è una vera e propria recensione ma una sorta di richiesta di aiuto. Non pretendo di capire tutto ma vorrei essere aiutata a farlo.

La foresta della notte è molto breve, ha solamente 176 pagine, eppure ho fatto davvero fatica a comprenderlo, e forse non  ci sono proprio riuscita. Ho letto la prefazione di Eliot solamente alla fine, e in effetti le sue parole hanno reso più chiari alcuni passaggi.

Siamo a Parigi, negli anni Venti, in un clima particolare e schizofrenico. I personaggi si alternano sullla scena come se fossero sul palco di un teatro. Ognuno è preso dai propri problemi, da sogni e da speranze e non ha il tempo, e forse neanche la capapcità di ascoltare gli altri. La narrazione diventa così una bizzarra rappresentazione. Eliot nella prefazione afferma che gli amanti della poesia ameranno questo libro. Metafore, soliloqui e interruzioni regnano per tutte le pagine. In ogni personaggio sembra esserci qualcosa di autobiografico e l’incomunicabilitò tra di loro suscita amarezza.

Avviene tutto di notte, i desideri sessuali, la repressione e le deviazioni prendono forma durante l’oscurità. Robin sembra la più indifirrente ma forse è la più è sensibile. Incapace di intraprendere una relazione duratora, si abbandona alla passione (e all’ossessione), consumando numerose avventure.

Altra figura di spicco, specialmente se si pensa all’epoca, quella del dottore, donna intrappolata nel corpo di un uomo.

Magari ai vecchi tempi ero una ragazza di Marsiglia che ci dava dentro sul molo con un marinaio, e forse è quel ricordo che mi perseguita. I saggi dicono che il ricordo delle cose passate è tutto ciò che abbiamo per futuro: è colpa mia se questa volta sono venuto fuori come non sarei dovuto essere, io che volevo una voce da soprano leggero e riccioli di grano scuro fino alle chiappe, un grembo grande quanto il paiolo del re e un seno alto come il bompresso di un peschereccio? E invece mi è toccata una faccia come il sedere di un bambino vecchio. Vi pare felicità, questa?

La foresta della notte è…

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La trama  gira attorno alla figura di Robin, ma anche Jenni e Nora sono personaggi bizzarri e sofferenti.  Tutti loro guardano in faccia la sofferenza eppure la cercano ancora.  Nora  è condannata a seugire Robin, a guardare le sue nuove avventure  alimentando così la pazzia. Cercare il dottore non la farà stare meglio, anzi.

La foresta della notte è stato pubblicato nle 1936 e parla di fatto dell’amore omosessuale senza grossi tabù. Non è un romanzo, è sicuramente qualcosa di più. E’ uno sguardo pietato sull’umanità, a tratti una condanna, ma sempre una ricerca sull’amore.

Il finale spiazza perchè è esagerato, scabroso ma magnificamente in linea con il resto della storia: folle, frammentata e grottesca.

Avete letto questo libro? Qualcuno può aiutarmi a chiarire i passaggi più oscuri? Fatevi avanti.

three-stars

Alcune note su Djuna Barnes

Cornwall-on-the-Hudson, New York, 1892 – New York 1980) scrittrice statunitense. Fin dalle prime opere (poesie, drammi, racconti illustrati da lei stessa) diede prova di una fantasia strana e possente. Nel suo libro più noto, Bosco di notte (Nightwood, 1936) – rappresentazione del notturno, del perverso, del sacro – le storture psichiche dei cinque protagonisti sono narrate in un linguaggio barocco, immaginoso e stilizzato che crea intorno a essi un alone di sospeso orrore elisabettiano. Mitica figura dell’avanguardia newyorkese e parigina, B. ritornò, nel 1939, a New York, isolandosi nella sua casa del Greenwich Village, in un silenzio interrotto solo nel 1958, dalla pubblicazione del dramma poetico L’antifona (The antiphon).

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1 COMMENTO

  • roberto matarazzo

    se mi lascia il suo indirizzo mail le invio l’ex libris che ho realizzato per codesta opera, cordialmente
    r.m.

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